Anche Draghi teme lo spread: se arriva la tempesta perfetta l'Italia può finire nel mirino

È piuttosto inusuale, ma per certi versi rientra nelle logiche che inevitabilmente seguono un governo che è per una parte tecnico e per un altra di larghe intese

Anche Draghi teme lo spread: se arriva la tempesta perfetta l'Italia può finire nel mirino

È piuttosto inusuale, ma per certi versi rientra nelle logiche che inevitabilmente seguono un governo che è per una parte tecnico e per un altra di larghe intese. Comprensibile, insomma, che Palazzo Chigi non si scaldi affatto per la tornata elettorale in programma oggi, né sul fronte delle amministrative e né sul versante dei referendum. D'altra parte, qualunque sarà il risultato delle urne non cambierà sostanzialmente nulla per il governo. Così come sono altamente improbabili dei contraccolpi ai delicati equilibri che tengono insieme la maggioranza.

Ad allarmare i vertici dell'esecutivo, peraltro, ci sono questioni ben più serie. La stretta sui tassi annunciata dalla Banca centrale europea e il parallelo volgere al termine del Quantitative easing (il programma di acquisti dei titoli di Stato della Bce) ha infatti fatto schizzare lo spread fra Btp e Bund oltre quota 224, con i rendimenti che sono arrivati a toccare i massimi del febbraio 2014. Uno scenario di grande preoccupazione, perché nei fatti l'Eurotower ha voluto dare corso a scelte decise post pandemia e ante guerra. Dunque, con prospettive completamente diverse da quelle attuali e senza preparare un paracadute per i Paesi più indebitati. Tra cui c'è ovviamente l'Italia, ma non solo. Anche Portogallo, Francia e Spagna non stanno messi affatto bene, per non parlare della Grecia. Anche se da Palazzo Chigi insistono nel dire che «non esiste un caso Italia», la preoccupazione è palpabile. Anche perché - in assenza di un intervento rapido e coordinato per assistere i Paesi con il debito pubblico più corposo - il rischio che lo spread possa continuare a salire anche nelle prossime settimane esiste. Solo un'irresponsabile, insomma, non sarebbe allarmato. Così, per provare a reagire ai venti di crisi, Mario Draghi è deciso a spingere sulla crescita e sta valutando la possibilità di anticipare a luglio una parte del taglio del cuneo fiscale e nuovi sostegni a famiglie e imprese con un decreto che dovrebbe valere tra gli 8 e i 9 miliardi.

Eventuali tempeste sui mercati, peraltro, rischiano di portarsi dietro anche sommovimenti politici importanti. Questi sì - a differenza del voto di oggi - con possibili conseguenze sugli equilibri della maggioranza di governo. Se la guerra ha infatti allargato la forbice tra Lega e Fratelli d'Italia, con il partito di Giorgia Meloni che si è collocato su posizioni apertamente filoatlantiche, un'eventuale crisi dello spread potrebbe invece riavvicinarli. E diventare magari il minimo comune denominatore di un'alleanza di centrodestra che fino a qualche giorno fa faceva fatica a decollare. Così, mentre per domani mattina Matteo Salvini ha convocato una riunione urgente della Lega a via Bellerio per «reagire» a quello che il leader leghista definisce un «attacco» della Bce contro il nostro Paese, da più parti in Fratelli d'Italia puntano il dito contro il «silenzio» del governo dei migliori (cioè di Draghi) proprio mentre Christine Lagarde «fa esplodere i mercati».

Sul fronte della guerra, invece, prima del G7 in programma in Germania dal 26 al 28 giugno è possibile - stando a quanto riferisce la Bild - che Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Draghi decidano di andare

insieme a Kiev per esprimere la loro vicinanza all'Ucraina e a Volodymyr Zelensky. Così fosse, sarebbe non solo un gesto politicamente di grande impatto. Un viaggio a tre, infatti, avrebbe anche un forte aspetto simbolico.

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