Un fiume di denaro dalla Commissione Ue e dagli stessi Paesi europei, compresa l'Italia, è finito in questi anni nelle casse di ong palestinesi che secondo Israele avrebbero connessioni con le organizzazioni terroristiche che operano sulla Striscia di Gaza. Stando ai dati di Ngo Monitor, la banca dati israeliana che mappa i finanziamenti, milioni di euro sono stati donati anche da Roma: 23 milioni tra il 2015 e il 2021 per progetti gestiti da associazioni palestinesi operanti tra Israele, Striscia di Gaza e Cisgiordania. Di questi, una parte sarebbero andati a ong finite da tempo nelle black list di Tel Aviv, per presunti legami con il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, considerato da Stati Uniti, Ue, Canada, un'organizzazione terroristica. Per Gerusalemme ci sarebbero nei casi più gravi connessioni con gruppi operanti sotto l'ombrello di Hamas, ma più in generale sarebbero ong che sostengono il cosiddetto «Bds», il movimento di boicottaggio contro lo Stato di Israele.
Nel 2020 il governo israeliano ha emesso una nuova lista nera, con sei associazioni finanziate dalla Ue, chiedendo di interrompere i finanziamenti. Non tutti però hanno creduto alle accuse di Israele. Nel 2021 la Commissione Ue aveva temporaneamente congelato i trasferimenti, ma poi aveva fatto sapere di essere pronta a riattivarli. Paesi come l'Olanda, la Svizzera, hanno invece stoppato le erogazioni. Non lo ha fatto il precedente governo italiano, ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Nel caso, per esempio, della palestinese Uawc, l'Olanda ha fermato i finanziamenti per l'evidenza, da un'indagine indipendente, non di passaggi di denaro, ma di legami con gruppi considerati terroristi. La stessa ong è stata coinvolta in alcuni progetti della Agenzia italiana per la cooperazione con finanziamenti a due associazioni che sostengono a loro volta Uawc. Perché molti Stati non hanno ascoltato gli alert israeliani? «Motivazioni politiche, ma anche la difficoltà da un punto di vista giuridico di dimostrare un collegamento diretto che presuppone l'apertura di un procedimento per finanziamento al terrorismo - spiega Lorenzo Vidino, direttore del programma estremismo della George Washington University - la dinamica spesso è quella di un finanziamento indiretto o di rapporti tra un'organizzazione basata in Europa con Hamas e altre organizzazioni terroristiche. Poi i fondi magari vanno davvero a scuole e orfanotrofi, ma sono sotto il controllo di Hamas, sono il suo braccio sociale. Le ong sono state usate così anche da Al Qaeda».
Del resto nel 2021, dopo che sei ong erano state messe al bando da Israele, la nostra Camera dei deputati ospitava una video audizione di due delle organizzazioni incriminate, Al Haq - finanziata dall'Italia - e Addameer, nell'indignazione della comunità ebraica. Presiedeva la seduta della sottocommissione dei diritti umani Laura Boldrini, che evidenziava l'assenza di prove a sostegno delle accuse di Israele, così come aveva fatto anche l'Onu. Uno degli auditi, Shawan Jabarin, direttore di Al Haq, rilanciava le accuse contro Tel Aviv, «vogliono zittirci», e parlava così di Israele: «Non è uno stato democratico, per noi non è solo una potenza occupante è un sistema di apartheid coloniale». Secondo Ngo Monitor negli anni l'Italia, tramite un'altra ong ha sostenuto indirettamente anche progetti del Centro di Sviluppo di Ma'an. Un dipendente, Ahmad Abdallah Aladini, sarebbe stato membro del Fronte popolare. Prima di rimanere ucciso nel 2018, sulla sua pagina Facebook, postava propaganda, e inneggiava ai martiri di Hamas.
«In quel territorio non c'è foglia che si muova senza il controllo di Hamas - dice ancora Vidino - quando si hanno tre quattro passaggi di fondi da un'organizzazione A a una B, e poi a una C e D, è molto difficile capire questi fondi dove vadano a finire».
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