Il caso più eclatante riguarda il Pio Albergo Trivulzio, la storica residenza milanese per gli anziani nella quale il Covid 19 ha causato la morte di 150 ospiti nell'ultimo mese e mezzo. Numeri impressionanti, che hanno fatto scattare le indagini della magistratura, mettendo sotto la lente l'operato di Regione Lombardia. Ma l'ecatombe è nazionale. Secondo l'Istituto superiore di sanità da febbraio si sono registrati «7mila morti nelle Rsa, il 40 per cento per coronavirus». E guardando i numeri dell'epidemia, emerge un quadro difficilissimo in tutto il Paese. Che dimostra come le scelte del governatore Attilio Fontana, e dei dirigenti delle Ats lombarde, non abbiano inciso in modo rilevante sull'andamento dei decessi. Proprio il presidente leghista è stato recentemente accusato di aver avallato la scelta di dirottare verso le residenze sanitarie assistenziali i pazienti affetti in modo lieve dal coronavirus. Una decisione assunta peraltro in un momento tragico, quando le terapie intensive erano allo stremo. Proprio questa iniziativa, proposta alla Regione dai tecnici delle Ats e circoscritta a 15 strutture ritenute idonee, avrebbe contribuito secondo la Procura di Milano a far dilagare il contagio fra gli anziani, provocando la morte di molti cittadini. Eppure, a guardare i numeri nelle Regioni che hanno agito in modo diverso, emerge quanto il Covid non abbia fatto sconti a nessuno.
Il tasso di mortalità nelle Rsa lombarde è, infatti, in linea con la media nazionale. Mentre ci sono regioni nelle quali la situazione è molto più grave. In Lombardia, su circa 65mila contagi complessivi, a perdere la vita sono state 12mila persone. Di queste circa duemila un sesto del totale - erano ospitate all'interno delle Rsa. La situazione, facendo le debite proporzioni, è molto simile a quella registrata in Emilia Romagna. Dove i pazienti affetti da coronavirus non hanno mai varcato la soglia delle case di riposo. Qui i contagi, dall'inizio dell'epidemia, sono stati 21.834. Mentre i decessi hanno raggiunto quota 2.903. Di questi, circa 500 hanno riguardato proprio le Rsa. Ancora una volta si tratta di un sesto del totale regionale. Passando al caso del Piemonte, la situazione è abbastanza simile. I cittadini contagiati finora sono 19.803, mentre le vittime sono 2.171. I pazienti deceduti all'interno delle case di riposo sono secondo i dati forniti dalla Cgil più di 400. Sempre un sesto del totale. Questo dimostra quanto le differenti politiche regionali abbiano inciso poco. A determinare il boom di mortalità sarebbe, invece, stata una circostanza sfortunata. Il virus sarebbe entrato nelle strutture che ospitano le persone più fragili già a gennaio, quando l'epidemia sembrava lontanissima dal nostro Paese, e la malattia veniva trattata come semplice influenza. Sarebbe stato portato all'interno da familiari e operatori ignari del contagio, e così avrebbe avuto la possibilità di colpire indisturbato. In Lombardia come nel resto d'Italia.
E così in Veneto, dove i casi accertati finora sono 15.374 mentre le morti sono in totale 1.026, gli anziani uccisi dal Covid nelle case di riposo sono stati 345: un quarto del totale. La situazione è molto grave anche in Trentino Alto Adige dove i contagi sono 3.300 e i decessi complessivi 342. Qui le morti nelle Rsa sono state 78, ma si tratta di un dato sottostimato. A rispondere al questionario inviato dall'Istituto superiore di sanità sono state infatti sono 14 strutture, sulle 51 complessive. Passando alla Liguria, dove i casi accertati finora sono 6.100 e i decessi 866, si nota come più di un quarto del totale - 240 - abbia colpito gli ospiti delle case di riposo.
Mentre in Friuli Venezia Giulia (2.675 contagi e 220 decessi) si contano 90 persone scomparse nelle Rsa. Infine c'è il caso della Puglia (3.327 casi totali): un contagio su quattro avrebbe riguardato proprio le case di riposo.
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