La chiamano Fase due, ma in realtà da oggi comincia una fase che si differenzia di poco da quella precedente. Soprattutto perché manca quello che doveva essere il fulcro della ripartenza, il contact tracing, per ricostruire i contatti di chi ha scoperto di essere positivo consentendo tamponi mirati e la possibilità di isolare gli infetti. Parlando alle Camere, lo scorso 21 aprile, il premier Conte aveva detto che la mappatura dei contagi sarebbe stata determinante nella fase due, ma poi la app Immuni, scelta per il tracciamento del Covid, un tipo di tecnologia simile a quella che in Corea del Sud è servita a contenere l'epidemia senza imporre lockdown, è scomparsa dalle priorità del governo. Tanto che il premier, presentando l'ultimo decreto, non ne ha parlato affatto. La fase due, quindi comincia senza il tracciamento, strumento fondamentale per tenere sotto controllo i contagi evitando focolai. Tutto fermo per ora e della app non se ne parlerà prima della fine del mese. Questo perché dietro alla tecnologia per mappare i contatti c'è una discussione politica ancora in corso, che riguarda la privacy, ma anche il rapporto tra Stato e cittadino.
E poi il contact tracing funziona se inserito in una strategia complessiva che parte da un forte coordinamento con il Sistema sanitario nazionale, ma ha bisogno anche di una seria programmazione di test, che ancora non c'è. Non ultima la questione della volontarietà, imprescindibile in uno Stato democratico, che rischia di vanificarle l'efficacia della app, utile solo se almeno il 60 per cento dei cittadini la usa.
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