Appello di 67 giudici al Colle: "Lo scandalo-toghe imperversa"

Lettera al Quirinale: tra i firmatari anche la Forleo. "Ora riforma del Csm con il sorteggio dei consiglieri"

Appello di 67 giudici al Colle: "Lo scandalo-toghe imperversa"

Avevano chiesto, un mese fa, al procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi e al consigliere del Csm Giuseppe Cascini di smentire con nettezza le accuse contro di loro riversate dall'ex presidente dell'Anm Luca Palamara ad Alessandro Sallusti nel libro intervista Il sistema. A firmare l'appello erano state 27 toghe movimentiste e anti-correnti: tra loro gli eletti all'Anm con la lista articolo 101, come Andrea Reale e Giuliano Castiglia, e altri magistrati con trascorsi non idilliaci con il Csm, come Clementina Forleo e Desirée Digeronimo. Ora le toghe diventano 67, e l'appello diventa una lettera aperta al Colle, per chiedere al Capo dello Stato un «intervento immediato» per sanare le storture dell'organo di autogoverno della magistratura, emerse con ineludibile chiarezza dopo il caso Palamara.

I magistrati si rivolgono a Sergio Mattarella in qualità di presidente del Csm ma soprattutto «nel suo ruolo di garante della Costituzione», chiedendogli di dare il via quanto prima al percorso di «eliminazione dei fattori distorsivi dell'imparzialità e buon andamento della funzione di autogoverno» in modo da ripristinare la «legalità delle sue dinamiche». Per questo è necessario, continua la missiva delle toghe, rimuovere le cause «che hanno condotto alla grave delegittimazione di articolazioni essenziali dell'ordinamento giudiziario» e dello stesso Csm, e insieme alle suddette cause, insistono, vanno anche rimossi da quegli incarichi «coloro che non sono risultati all'altezza del compito». Per i 67 magistrati la ricetta da suggerire al Colle è chiara. Serve, per cominciare, il sorteggio per eleggere i componenti del Csm dribblando le correnti, contro le quali, ricordano i firmatari della lettera, Mattarella si era schierato a giugno del 2019, esprimendo «grave sconcerto e la riprovazione per la degenerazione del sistema correntizio e l'inammissibile commistione fra politici e magistrati», per poi ribadire, a maggio 2020, di fronte all'allargarsi dello scandalo, come fosse «compito del Parlamento quello di predisporre e approvare una legge che preveda un Csm formato in base a criteri nuovi e diversi». Auspici «inevasi» dopo un anno, osservano i 67 battaglieri magistrati, ricordando come il caso Palamara abbia continuato ad allargarsi, rendendo «il quadro complessivo sempre più inquietante e inaccettabile». E di fronte a questo terremoto quotidiano e ai suoi devastanti effetti per la giustizia, i firmatari della lettera a Mattarella registrano «una diffusa inerzia» da parte di chi, travolto dalle rivelazioni di Palamara, ha fatto finta di niente restando al suo posto. Anche grazie all'adozione, da parte delle «autorità competenti», di una «generale direttiva assolutoria», proseguono le toghe «ribelli», «col conseguente rischio che comportamenti di tale genere, anziché essere sanzionati, siano avallati e ulteriormente incentivati». Nel mirino, anche se non citato esplicitamente, c'è ancora una volta il Pg Giovanni Salvi e la sua direttiva «minimalista» sulle chat dell'indagine perugina. Quel Salvi che per Palamara avrebbe «realizzato comportamenti di questo tipo» pur se nominato «in nome di una forte discontinuità con il comportamento del suo predecessore», e che non ha mai «né smentito» né querelato l'ex presidente Anm.

La lettera appello, aperta all'adesione «di tutti i cittadini» (e che ha già incassato l'endorsement del partito Radicale), si conclude invocando quanto prima l'adozione del sorteggio per le nomine del Csm e la rotazione degli incarichi direttivi e semi-direttivi.

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