Fin dai tempi di Thomas Hobbes, la paura è sempre stata la prima alleata dei potenti e la prima nemica di un ordine di libertà. È partendo da questa considerazione che è stata pensata la sesta edizione del Festival della Cultura della Libertà organizzato a Piacenza dall'Associazione Luigi Einaudi in collaborazione con Confedilizia, con il Giornale e con l'associazione Students for Liberty, che riunisce studenti universitari di idee liberali e libertarie.
L'intenzione del Festival, che avrà luogo dal 28 al 30 gennaio, è quella di riflettere sulle trasformazioni istituzionali che stiamo conoscendo in questa fase della nostra storia, durante la quale molti tendono a essere dominati da un senso d'insicurezza che li porta a domandare sempre più Stato e perfino ad accettare un numero crescente d'imposizioni, anche ingiustificate. La crisi economica, il degrado istituzionale, il ritorno dell'inflazione e il permanere (seppure in forme sempre meno drammatiche) dell'epidemia da Covid-19 sono insomma formidabili opportunità per chi ambisce a restringere gli spazi della libera scelta individuale e a irreggimentarci.
Per questa ragione una delle due lezioni magistrali sarà affidata a Dario Caroniti, che interverrà sulla crisi delle libertà in questi ultimi due anni, e a l'altra a Guglielmo Piombini, che offrirà un suo «manifesto liberale» in difesa della vita e a favore dell'aumento demografico. Perché per quanti reputano cruciale rafforzare l'autonomia della società è chiaro che oggi dobbiamo affrontare il dilatarsi di un potere che è nemico delle libertà dei singoli proprio perché avversa l'umanità in quanto tale: come risulta chiaro nell'ecologismo radicale e pure in numerosi pronunciamenti di chi vorrebbe «rifare il mondo» secondo logiche tecnocratiche e autoritarie.
A Piacenza si rifletterà su come lo Stato sia capace di sfruttare ogni cosa per imporsi, ma sarà pure opportuno evidenziare come oggi i confini del «politico» siano assai mobili, perché in innumerevoli circostanze gli attori che formalmente operano nel Palazzo e tramite esso non sono necessariamente i formali protagonisti della scena. Questo perché le logiche del dominio vanno sempre più intrecciando alta burocrazia, grandi imprese, studiosi, media e istituzioni religiose.
Ragionando sul «politicamente corretto», sull'assistenzialismo, sull'obbligo vaccinale, sul modello istituzionale tecnocratico e sulla crisi debitoria degli Stati, a Piacenza si sarà costretti a considerare le radici del fallimento delle nostre comunità: sul fatto, cioè, che lo spazio della responsabilità personale si sta restringendo sempre di più. Ancora una volta, insomma, il Festival della Cultura della Libertà ribadirà le ragioni di una società liberale, e quindi chiamata a rispettare l'altro, la sua proprietà, i suoi valori, le sue scelte.
Una società che deve contenere talune derive della democrazia, se la maggioranza è evocata soltanto per opprimere le minoranze e la più piccola di tutte le minoranze, l'individuo; che deve saper contrastare talune pretese irragionevoli degli scienziati, se essi usano la loro conoscenza a fini di potere e si fanno docili strumenti del Principe; che deve soprattutto difendere il diritto e i diritti, che sono destinati a essere ben poca cosa quando si passa di emergenza in emergenza e quando non siamo più in grado di sapere, come insegnava mezzo secolo fa Bruno Leoni, entro quali sistema di regole ci troveremo a vivere tra un mese oppure una settimana.
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