Arantxa, l'ultimo (triste) set. Se anche i campioni crollano

La Sanchez, ex numero uno del tennis, è senza soldi né casa e rischia il carcere. Ma molti atleti toccano il fondo

Arantxa, l'ultimo (triste) set. Se anche i campioni crollano

Sul campo grinta, passione, coraggio, determinazione e fantasia. Fuori scivoloni, debiti, depressione, droga e violenza. Predatori a caccia di medaglie nello sport, prede in cerca di un centro di gravità permanente nella vita. È la parabola che accompagna le biografie di decine di campioni, ultima la catalana Arantxa Sánchez, tennista d'oro, quattro titoli del Grande Slam in tasca, unica spagnola della storia a essere incoronata campionessa mondiale dell'anno - era il 1994 - dalla Federazione internazionale tennis. Oggi invece, a 46 anni, soffocata dai debiti, tanto da rischiare la prigione per la mancata restituzione di oltre 7 milioni alla Banca del Lussemburgo. E pure abbandonata dal marito, che ha chiesto il divorzio a inizio gennaio, a un tribunale di Miami dove la coppia risiede, e ha portato via i passaporti dei figli, di cui chiede la custodia mettendo in discussione le capacità della moglie come madre. L'immagine della campionessa senza resa, che si batteva come una leonessa contro le altre Grandi del suo tempo - Seles, Sabatini, Graf - è ormai un ricordo sbiadito. La seconda vita, quella fuori dal campo, ha preso il sopravvento. E lo spettacolo è molto meno avvincente degli scambi sul terreno di gioco.

Eppure Sánchez è in buona compagnia. Del suo collega tedesco Boris Becker, la giudice di Londra che la scorsa estate ne ha decretato la bancarotta per un debito non onorato (circa 6 milioni di euro) disse «con rimpianto»: «Si ha l'impressione di trovarsi davanti un uomo con la testa sotto la sabbia». E tanti ce ne ha restituiti lo sport, campioni sul campo, perdenti nella vita. Paul Gascoigne da vent'anni combatte «per liberarsi dai suoi demoni», che hanno la forma di una bottiglia ad altissimo tasso alcolico capace di affondare il mito di un asso fra i più brillanti del calcio inglese. E poi sesso e droga. Di solito lontani dal quadro perfetto dello sportivo salutista e misurato e invece così vicini alla fotografia del campione genio e sregolatezza. Incarnata meglio di tutti dal Pibe de Oro, Sua Maestà Diego Armando Maradona, imperatore in campo, vassallo della cocaina fuori, dove è rimasto pure invischiato in un lungo braccio di ferro sulla paternità e in una sfilza di accuse per evasione fiscale. Ma non ci sono solo calcio e tennis. Il football americano ci ha regalato la triste storia di O. J. Simpson accusato di aver ucciso l'ex moglie Nicole e l'amico, assolto nel «processo del secolo» ma poi finito in carcere per rapina a mano armata e sequestro di persona.

E che dire di Oscar Pistorius? Quasi a voler dimostrare di essere uguale agli altri anche in questo, nella dannazione, nonostante la sua disabilità, il mito di un giovane diventato leggenda si è infranto di fronte al verdetto della Suprema Corte d'Appello di Johannesburg, che ha messo una parola definitiva sull'omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp (era il 2013) e lo stop definitivo al Blade Runner che della velocità aveva fatto la sua fortuna.

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