Sarà anche vero che l'attesa del piacere è essa stessa il piacere ma l'attesa del via libera all'utilizzo delle armi a lunga gittata sul territorio russo, per l'Ucraina è tutt'altro che piacevole. Anzi. Più il tempo passa, più Kiev denuncia attacchi da cui può difendersi soltanto in parte mentre l'Occidente continua a nicchiare. Anche se qualcosa inizia a muoversi con i primi Paesi che hanno dato il loro via libera. Mentre da Mosca continuano ad arrivare le solite minacce, anche di natura nucleare.
Proprio come avvenne con i caccia F-35, i primi a sbloccare una situazione intricata sono Finlandia e Svezia, che un po' per vicinanza con la Russia un po' per convinzione, hanno congiuntamente detto di non avere «nulla in contrario rispetto alluso da parte dell'Ucraina di missili a media-lunga gittata per colpire a scopo difensivo il territorio della Russia». Le ministre degli Esteri dei due Paesi scandinavi Elina Valtonen e Maria Malmer Stenergaard, hanno spiegato che per quanto riguarda i due Paesi «l'unica limitazione è che le armi in questione siano utilizzate in conformità con il diritto internazionale» ed esplicitamente detto che l'uso delle armi «può essere esteso anche ad attacchi al territorio russo». Un primo passo, importane, che arriva all'indomani del vertice tra il premier britannico Keir Starmer e il presidente americano Joe Biden, che ancora non ha prodotto una decisione a riguardo. Il pressing del Regno Unito, seguito a quello francese, sta facendo vacillare anche la Casa Bianca ma il «sì» ufficiale tarda ad arrivare anche se molti analisti da Washington dicono che è solo questione di tempo.
Intanto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, continua a chiedere l'autorizzazione che potrebbe dare una svolta al conflitto e permettere all'Ucraina di arrivare a un eventuale tavolo di negoziato in posizione di forza. «Questa notte, il nemico ha lanciato più di 70 droni kamikaze Shahed in tutta l'Ucraina e grazie alle nostre forze di difesa, la maggior parte di loro è stata abbattuta», ha spiegato Zelensky aggiungendo però che «abbiamo bisogno di maggiori opportunità per rafforzare lo scudo aereo, la difesa antiaerea e a lungo raggio per continuare a proteggere la vita e la nostra gente. Stiamo lavorando su questo con tutti i nostri partner», ha spiegato il leader ucraino. La notte scorsa i russi hanno attaccato numerosi regioni ucraine: Kiev, Cherkasy, Zhytomyr, Vinnytsia, Odessa, Sumy, Dnipropetrovsk, Poltava, Kherson, Kharkiv e Donetsk ma la novità più interessante arriva ancora dal Kursk. Qui le forze armate ucraine sono riuscite a sfondare le difese russe su un altro tratto del confine russo-ucraino penetrando ad una profondità di «diversi chilometri», come riportano sia fonti ucraine che russe. In particolare una colonna corazzata ucraina ha sfondato nei pressi del villaggio di Veseloye, nelle retrovie di un gruppo di forze armate russe, approfittando della dispersione delle forze del Cremlino impegnate in un'operazione di controffensiva.
E proprio quello che sta accadendo nella regione di confine agita il Cremlino. Al punto che dopo settimane di silenzio, per la milionesima volta il vicepresidente del consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev torna ad agitare lo spettro atomico. «Finora, non è stata presa alcuna decisione sull'uso di armi nucleari sebbene, per dirla senza mezzi termini, ci siano prerequisiti formali per questo, che sono chiari all'intera comunità mondiale e coerenti con la nostra dottrina di deterrenza nucleare.
Kursk, per esempio», ha detto il braccio destro di Putin aggiungendo, con involontaria ironia, che «la Russia sta dimostrando pazienza», perché «è ovvio che una risposta nucleare è una decisione estremamente difficile con conseguenze irreversibili» ma sottolineando anche che «qualsiasi forma di pazienza alla fine finisce». Dal libro delle minacce di Mosca, capitolo primo.
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