Non volevo lasciare la Siria, ero determinato a combattere i terroristi, ma sono stati i russi a imbarcarmi su un volo per Mosca. Otto giorni dopo la sua fuga in Russia, che gli ha permesso di salvarsi da morte certa, Bashar al Assad ritrova la parola per sostenere cose piuttosto incredibili, tacendone al tempo stesso altre più che credibili oltre che vergognose.
Il dittatore deposto afferma che nella sua fuga verso un dorato esilio garantito dal suo protettore Vladimir Putin non c'era nulla di pianificato. Forse senza rendersene conto, conferma di essere stato solo un pupazzo nelle mani del Cremlino, che secondo la sua stessa versione avrebbe deciso per lui nel momento in cui tutto era ormai perduto. L'8 dicembre, scrive Assad in un messaggio pubblicato sulla pagina social del suo ufficio presidenziale, sono stato trasferito dai russi nella loro base di Latakia per motivi di sicurezza, e quando questa è stata attaccata con i droni è stato deciso di lasciare il Paese perché «quando lo Stato cade nelle mani del terrorismo, qualsiasi posizione perde scopo».
Assad, la cui caduta viene da otto giorni festeggiata da folle in delirio nelle piazze di Damasco e delle altre città siriane mentre emergono sempre più orrendi dettagli su persecuzioni, torture e massacri inflitti per decenni a centinaia di migliaia di oppositori, dipinge se stesso come un rispettato servitore del popolo cacciato da terroristi, e nega sfacciatamente ogni accusa di corruzione propria, della sua famiglia e della sua cerchia di potere. «Non ho mai cercato posizioni per guadagno personale si legge nel suo messaggio ma mi sono sempre considerato un custode di un progetto nazionale, sostenuto dalla fede del popolo siriano, che ha creduto nella sua visione».
Solo all'ultimo minuto insomma, e «dopo aver adempito ai miei doveri fino alla mattina dell'8 dicembre», Assad avrebbe subito la decisione russa di evacuarlo verso Mosca con i suoi familiari. Putin, piuttosto che per i dichiarati «motivi umanitari» nei confronti di uno dei peggiori macellai della storia mediorientale recente, sembra aver agito così per salvare un alleato che ha sempre profumatamente pagato (con i soldi delle casse pubbliche siriane) l'intervento militare russo a sostegno del suo odiatissimo regime: ieri il Financial Times ha rivelato che tra marzo 2018 e settembre 2019 oltre venti voli sono giunti dalla Siria all'aeroporto moscovita di Vnukovo portando complessivamente due tonnellate metriche di banconote da 100 e 500 dollari, per un totale di 250 milioni in contanti provenienti dalla Banca centrale della Siria.
Con un simile patrimonio depositato nelle banche russe Rfk e TsMR, Assad e il suo giro dorato potranno anche ben consolarsi dell'«indesiderato» esilio in Russia. Questo mentre in Siria la nuova dirigenza deve gestire una pericolosa frammentazione in presenza di gruppi armati. Ieri i curdi siriani, che controllano il Nord-Est del Paese, hanno teso la mano alle nuove autorità di Damasco chiedendo la pronta apertura di un tavolo di dialogo nella capitale «per costruire una nuova Siria».
Una situazione resa complicata dalla presenza di attori anche esteri come gli israeliani, il cui annunciato piano di raddoppiare la popolazione nel Golan siriano annesso nel 1981 è oggetto di preoccupazioni e condanne: tra le più dure, quelle di Turchia e Arabia Saudita, mentre la stessa Germania esorta «l'alleato Israele» a rinunciare al progetto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.