Assange incassa una vittoria: "Appello contro l'estradizione"

Il fondatore di Wikileaks resta in carcere a Londra ma c'è l'ok dall'Alta corte: via libera al nuovo ricorso

Assange incassa una vittoria: "Appello contro l'estradizione"
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Non è un passo decisivo ma comunque un importante successo parziale, all'interno di una saga umana e giudiziaria che sembra infinita. Ieri l'Alta Corte di Londra ha deciso che l'attivista australiano, fondatore di Wikileaks, ha diritto a un nuovo appello sulla richiesta di estrazione avanzata dagli Stati Uniti e già approvata dal governo britannico. Un rinvio, per adesso, che con il rischio concreto di finire in carcere negli Usa sa di vittoria, almeno parziale. Perché il 52enne accusato di aver divulgato informazioni top secret, rimane comunque recluso nel carcere londinese di Belmarsh. Assange è stato infatti arrestato nella capitale britannica nel 2019, dopo l'espulsione dall'ambasciata dell'Ecuador che gli aveva garantito asilo per sette anni. In carcere, aspetta il processo e l'estradizione negli Usa già autrizzata da Londra, a cui il suo team di legali continua a opporsi con ogni mezzo.

Assange è stato incriminato dalla giustizia americana in base all'«Espionage Act» per aver cospirato contro gli Usa e incitato a farlo insieme alla militare americana Chelsea Manning, arrivando al furto e alla divulgazione di moltissimi file segreti dell'esercito e della diplomazia americana, poi pubblicati negli anni da Wikileaks. Dalla guerra in Aghanistan a quella in Irak, fino alle condizioni dei detenuti nel carcere di Guantanamo, arrivando alle comunicazioni segrete dello staff democratico americano. Secondo i suoi legali, l'attivista australiano rischierebbe fino a 175 anni di carcere e a nulla sono valse le rassicurazioni chieste e teoricamente ottenute da Washington. Il team legale aveva chiesto espressamente che Assange non venisse discriminato dalla giustizia statunitense in quando cittadino australiano, che venisse garantito il diritto di espressione e che non fosse sottoposto alla possibilità della pena capitale. Ma le richieste erano finalizzate soprattutto ad evitare una possibile persecuzione per aver fatto infuriare tutte le autorità diffondendo informazioni top secret.

Una vicenda partita dal 2010, quando Wikileaks ha rilevato documenti e dispacci rivelati su crimini di guerra dell'esercito americano in Irak e Afghanistan ma anche molte altre strategie geopolitiche. Poi un delirio umano e giuridico, tra richieste di arresto, asilo politico, richieste di estradizione, ricorsi e polemiche per quella che rimane la più grave violazione della sicurezza americana. La Manning, all'epoca Bradley prima del cambio di genere, autrice materiale dei furti ha trsscorso 7 anni in carcere prima della grazia decisa dal presidente Obama. Su Assange invece pesano ben 18 capi di accusa e secondo l'amministrazione americana va punito per aver messo a rischio centinaia di vite umane pubblicando informazioni segrete. Chi lo difende, sostiene invece che si tratti di una gravissima violazione della libertà di stampa, Assange è anche giornalista, e di pensiero.

La sua vicenda è diventata quindi un caso politico più che giudiziario. E tra chi ne ha fatto un simbolo e chi non vede l'ora di vederlo in un carcere americano, come sempre quando un caso diventa così grande e l'opinione pubblica si spacca, il caos diventa certezza.

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