Carlo Solìmene, classe 63, è da pochi mesi questore di Pescara. È un poliziotto di grande esperienza. Ha lavorato in realtà difficili, da Napoli alla Calabria, eppure ci dice che un caso come questo, «così triste», non lo aveva mai affrontato.
Questore, la tragedia di Pescara è su tutti i giornali per la morte di Thomas Christopher, ucciso a coltellate da due amici. Cosa ci può dire del delitto?
«Sta lavorando la Procura, le indagini sono in corso, non posso dire molto. I magistrati stanno facendo un lavoro eccellente. Noi abbiamo fatto il nostro lavoro molto rapidamente, e siamo riusciti in brevissimo tempo ad arrivare ai probabili responsabili. Siamo sgomenti e sorpresi. Dovremmo essere soddisfatti dei risultati del nostro lavoro. Ma la soddisfazione è travolta e seppellita dal risultato tremendo che ci siamo trovati di fronte. Trovare dei possibili responsabili - deve valere sempre la presunzione di innocenza - e scoprire che sono due ragazzini è una cosa che nonostante la nostra lunga esperienza ci lascia senza parole e senza respiro».
Lei conosceva il papà carabiniere di uno dei due presunti colpevoli?
«No, non l'ho mai visto. Dico solo che se fosse vero che il papà di uno dei colpevoli è un carabiniere, non cambierebbe niente in questa orrenda vicenda e non sarebbe il caso di mettere in discussione la sua figura di padre. Questa è una tragedia per tutti: per l'intera comunità di Pescara e per queste povere famiglie».
Questore, cosa sta succedendo a Pescara? Sta diventando una città ad alto tasso di criminalità?
«No. Pescara ha degli indici di criminalità assolutamente in linea. È una città molto ospitale, è una città molto effervescente, nella quale le forze dell'ordine svolgono molto bene il loro lavoro, sia in fase preventiva sia in fase di contrasto. E poi c'è uno spirito pubblico molto positivo. I valori essenziali rimangono forti nell'opinione pubblica. C'è un senso alto dell'etica. Funziona bene la rete delle famiglie, funziona bene la scuola. Qui esistono ancora gli scuolabus che portano i bambini al mare. Ci sono ancora le colonie. Abbiamo ottimi licei».
Come mai si è abbassato il tasso di criminalità ma non la ferocia dei delitti?
«Viviamo in una società fluida. L'uso distorto dei social produce dei danni. Ai ragazzi vengono forniti punti di riferimento, sul piano morale e del comportamento, molti diversi, e certo non migliori, di quelli che ricevevano ai tempi dell'oratorio. I ragazzi oggi pensano di potere fare passi avanti nel minor tempo possibile. Questo crea squilibri».
Sa dare una spiegazione a un delitto come l'uccisione feroce di Christopher?
«Qualcosa è sfuggito. La rete sociale non ha funzionato. Si poteva probabilmente fare di più. La famiglia, la scuola, le amicizie».
Si parla anche di droga in questo delitto.
«Pescara conosce lo spaccio e il traffico di stupefacenti. Però, rispetto ad altre città italiane, ne ha poco».
Cosa è cambiato nella società rispetto a trent'anni fa?
«Allora c'era la famiglia allargata, coi nonni, gli zii, i cugini, che avevano una funzione sociale e di controllo e di educazione fortissima. Oggi le famiglie sono piccole, non sono in grado di svolgere lo stesso ruolo».
Era imprevedibile questo delitto? Come l'avete vissuto?
«Passato il primo momento di macabra sorpresa, ci siamo messi a lavorare più di prima.
Si è tenuta una riunione del comitato sicurezza pubblica che ha deciso di rafforzare le attività di prevenzione. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: dobbiamo mettercela tutta, queste cose non devono succedere più».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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