La forte «scossa» arrivata dall'Italia sul piano Ue (auto solo elettriche dal 2035, con il contestuale stop a produzioni e vendite dei vecoli a benzina e Diesel) ha avuto come primo importante effetto il rinvio del voto, previsto il 7 marzo, in sede di Consiglio europeo. Le posizioni ferme di Italia e Polonia, l'astensione della Bulgaria, e la Germania assalita da mille timori, hanno costretto la presidenza di turno svedese a posticipare la questione a data da destinarsi.
«È un successo italiano - il commento del premier Giorgia Meloni -. Una transizione sostenibile ed equa dev'essere pianificata e condotta con attenzione, per evitare ripercussioni negative sotto l'aspetto produttivo e occupazionale. Giusto puntare a zero emissioni di CO2 nel minor tempo, ma dev'essere lasciata la libertà agli Stati di percorrere la via che reputano più efficace e sostenibile. Quindi, non si chiuda a priori il percorso verso tecnologie pulite diverse dall'elettrico».
La Germania, da parte sua, ha fatto sapere di volere che la Commissione Ue avanzi una proposta sull'uso degli e-fuels, combustibili in forma gassosa o liquida prodotti da elettricità rinnovabile (energia solare o eolica) o decarbonizzata. Senza comunque dimenticare i biocarburanti ottenuti da sostanze di scarto.
Il 14 febbraio, il voto a maggioranza risicata al «tutto elettrico» dal 2035, tra i pilastri del Green Deal, e ora il terremoto scatenato dall'Italia: Bruxelles non poteva, come ha fatto più volte, chiudere gli occhi davanti alle forti preoccupazioni espresse e alle accuse di favorire l'invasione di auto cinesi. Lo stesso ex premier e presidente della Commissione, Romano Prodi, di tutt'altra visione politica rispetto all'attuale governo, aveva palesato il rischio di menomare la filiera automotive, specialmente in Italia, e di accentuare la dipendenza dell'Europa da materie prime e forniture extra Ue.
L'ago della bilancia, a questo punto, resta Berlino, il cui ministro dei Trasporti, Volker Wissing, ha assicurato il sostegno al collega italiano Matteo Salvini; la coalizione Spd-Verdi-Fdp ha però bisogno ancora di tempo per trovare una linea comune. Anche il leader dell'Fdp, Christian Lindner, ha dichiarato che l'obiettivo è far sì che «auto a combustione interna possano essere vendute nel Paese dopo il 2035». Condivisione a Salvini sul tema della neutralità tecnologica è arrivata poi dal ministro della Repubblica Ceca, Martin Kupka.
La portavoce della Commissione Ue, intanto, cerca di mischiare le carte in tavola, affermando che la proposta relativa ai veicoli «è basata sulla neutralità tecnologica: emissioni zero entro il 2035 e il modo per arrivarci è tecnologicamente neutro». Per appellarsi, subito dopo, alla clausola fissata nel 2026 «per la valutazione degli sviluppi tecnologici e dell'importanza di una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa». «Siamo determinati ad attuare questa clausola il prima possibile e stiamo guardando al modo in cui farlo. L'impatto sul lavoro in Italia della transizione all'elettrico? L'esecutivo Ue valuta sempre tutto», la conclusione. Nei prossimi giorni, in proposito, dovrebbero essere fornite proposte e stime.
Per l'eurodeputato Massimiliano Salini, «sta saltando il tentativo del vicepresidente Frans Timmermans, e della componente più ideologizzata della Commissione, di rovesciare l'assetto
dell'industria e della mobilità Ue secondo lo schema intransigente del solo elettrico. O Bruxelles corregge subito il tiro oppure saranno i cittadini a imporre il cambiamento, spazzandoli via con il voto europeo del 2024».
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