La babele della minoranza: 6 posizioni

Solo le regole del Senato salvano i partiti d'opposizione: ognuno aveva il suo testo

La babele della minoranza: 6  posizioni
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Al Senato le opposizioni se la cavano grazie al regolamento: le loro sei diverse risoluzioni (che sulle grandi crisi internazionali sono spesso opposte) vengono cestinate dopo l'approvazione di quella di maggioranza. Dal Pd un sospiro di sollievo: «C'è andata bene».

Alla Camera il regolamento è diverso, e va in scena il consueto circo di voti per commi e intrecci di sì e no tra Pd, M5s, Azione, Avs, Iv, +Europa.

Tutti contro la risoluzione di maggioranza, ognuno per suo conto sul resto. Una frasetta qua, una là, il Pd dà via libera alle chiacchiere innocue dei documenti altrui, poi vota contro la linea anti-Ucraina di 5S ma anche contro la linea pro-Ucraina di Azione e +Europa, e contro le «sanzioni» anti-Israele chieste da 5S e Avs. Nel suo documento si limita a ribadire l'appoggio al «popolo ucraino», mentre chiede embargo sulle armi a Gerusalemme, e riconoscimento della Palestina.

Dietro le quinte, è però il caso Fitto a tenere banco: la scelta di dare via libera o meno al commissario e vice-presidente italiano andrà fatta tra poche settimane. Cinque Stelle e Avs sono già sulle barricate per il «niet»: «Fitto è il meglio del peggio, quindi pessimo», urla Giuseppe Conte. Mentre il Pd oscilla. In aula, dirigenti come Graziano Delrio e Alessandro Alfieri aprono: «Siamo orgogliosi se l'Italia ha un ruolo di prestigio in Ue, e sosterremo la Commissione von der Leyen», dice il primo. «In Italia facciamo opposizione a Fitto ma sapremo come comportarci per il bene dell'Italia», dice il secondo. «Però non esageri a sfidarci sul Pse, perché anche noi potremmo chiederle cosa faranno su Fitto i suoi alleati tipo Orban», dice Lorenzo Guerini, che pure è tra i favorevoli al sì al commissario italiano. Ma subito frenano Gianni Cuperlo («Nulla è deciso») e Nicola Zingaretti («Chiederemo chiarezza sulle posizioni anti-Ue di Ecr»). Meloni chiede «una parola chiara» a Elly Schlein, ma non la ottiene: «Valuteremo, ascolteremo, ma Fitto non ha il miglior biglietto da visita», dice. Poi pattina sull'Ucraina («Serve sforzo diplomatico», non si sa con chi) e insegue la sinistra su Israele: «I crimini di Netanyahu vanno fermati, la reazione di Israele al 7 ottobre è sproporzionata».

Sulla guerra di Putin le linee delle opposizioni restano opposte. Azione e +Europa invitano il governo a rimuovere «il veto irragionevole» alla difesa di Kiev contro le basi da cui partono i bombardamenti stragisti della Russia. «È indispensabile che l'Ucraina possa difendersi», dice Carlo Calenda. «Siamo l'unico paese del G7 che ha detto no», dice Matteo Renzi. Da M5s, in nome della «pace», si chiede di disarmare l'Ucraina, che deve arrendersi a Putin: «Abbia il coraggio della bandiera bianca», dice Stefano Patuanelli. «Folle auspicare una vittoria ucraina contro Putin», dice Conte. Che poi si scatena contro Israele: «Netanyahu è un criminale che persegue solo un sistematico sterminio», altro che quel gentleman di Putin. Meloni invita alla «prudenza»: legittima la critica al governo.

Ma la corsa a «isolare Israele corrisponde esattamente alla strategia dei fondamentalisti, e apre a conseguenze inimmaginabili». Sospira un parlamentare Pd: «La premier dice quel che dovremmo dire noi: abbandonare Israele sotto assedio vuol dire fare il gioco dell'Iran e dei suoi alleati, da Putin fino alla Cina, contro l'intero Occidente».

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