I divi di Hollywood, dopo aver chiesto e ottenuto il ritiro di Joe Biden, depongono, con notevole anticipo, la scheda nelle urne con una crocetta sul nome di Kamala Harris. Era stato George Clooney a chiedere al presidente Biden di farsi da parte. Ora tutti elogiano la patriottica decisione di cedere il posto alla sua vice, la Harris appunto. Robert De Niro, Spike Lee, Jamie Lee Curtis, Barbra Streisand, Jon Favreau, Shonda Rimes e Cynthia Nixon elogiano la mossa «eroica» e «altruistica». Biden, insomma, è apprezzato perché se ne va, non per quello che ha fatto. Se si contassero gli Oscar dei propri sostenitori, e non i voti, Kamala avrebbe già vinto. Tuttavia all'interno dello stesso Partito democratico c'è chi ne mette in dubbio l'autorevolezza e le possibilità di trionfo su Donald Trump.
Non è neppure sicuro che sarà lei a giocare la partita finale contro i repubblicani. Resta da stabilire se l'endorsement di Hollywood sia un vantaggio oppure un abbraccio mortale. Gli attori milionari non sembrano il miglior testimonial per una candidata che dovrà contendere ai repubblicani anche il voto del proletariato bianco vittima della globalizzazione e dell'immigrazione. Proprio l'elettore che Trump ha cercato di assicurarsi designando J.D. Vance come suo vice. Vance infatti è l'autore di Elegia americana, un'autobiografia, in cui racconta proprio la provincia devastata dalla disoccupazione e dagli oppiacei. Un mondo completamente trascurato dai media e forse ignoto alle star del cinema. D'altronde Hollywood è finzione. Non ama la volgarità dei «bifolchi» e non riesce a interpretarne la mentalità di sinistra per alcuni versi, di destra per altri. Da una parte c'è la richiesta di un minimo di welfare; dall'altra ci sono il conservatorismo di origine religiosa sui temi etici e il rifiuto del politicamente corretto come ideologia ipocrita. Al di là dei proclami, gli attori, in questo uguali ormai alla sinistra mondiale, preferirebbero consegnare il potere alle élite «davvero» democratiche in virtù di una (presunta) superiorità culturale che presuppone una (presunta) superiorità morale. Il proletariato bianco non ha neppure il merito di appartenere a una minoranza perseguitata in passato.
Hillybillies e Rednecks, cioè rozzi montanari e contadini, sono tra le cause del declino americano e hanno un innato cattivo gusto, anche per la politica. Kamala Harris è popolare negli studios di Los Angeles ma sarà così anche nel resto della sterminata America?
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