Ci si può pentire di tutto nella vita, specie se crescendo aumenta la sensazione di essere stato fregato e di aver perso quel treno che passa una volta nella vita. Nel caso di Spencer Elden l'occasione d'oro si era presentata da piccolo. I genitori lo avevano iscritto a un provino e lui aveva vinto: il prescelto tra centinaia di candidati. Il bambino paffutello e bellissimo destinato a sguazzare nudo nel blu piscina sulla copertina di Nevermind, l'album icona dei Nirvana era lui. Ventiquattro milioni di copie vendute nel mondo e lui sotto agli occhi di tutti. Un'occasione persa però, che i genitori non seppero quantificare e si accontentarono di quei duecento dollari pattuiti all'inizio. Un insulto alla luce di quello che l'album ha rappresentato nella storia del rock. Elden è diventato grande con la certezza che avrebbe potuto avere di più. Fino a martedì quando l'ex neonato cresciuto a voglia di riconoscimento e giustizia, ha deciso di fare causa ai Nirvana. Nella denuncia Robert Y. Lewis, il legale va giù pesante: l'immagine oltrepassa il confine del lecito e straborda nella categoria «child porn», e aggiunge che la presenza di banconote nell'immagine trasforma il bambino ritratto nella foto in un «sex worker».
E pensare che l'immagine, viene generalmente interpretata come una critica al capitale, con la banconota infilzata a un amo che il neonato insegue nuotando, entusiasta quanto ingenuo. La giurisprudenza americana finora non ha mai considerato pornografia foto di bambini in mancanza di elementi sessuali espliciti.
A detta di Elden la band di Kurt Cobain ha violato le leggi federali sulla pornografia infantile con danni permanenti. Ad ognuno dei 17 soggetti chiamati in causa, tra cui discografici, registi e fotografi, è stato chiesto un risarcimento di 150.000 dollari. Insomma, un bel risarcimento. Una mossa che è apparsa a molti inaspettata, considerando che Elden ha ripetutamente ricreato la posa che lo ha reso famoso da adolescente e da adulto, tuffandosi in piscina per posare (con il costume da bagno) in occasione del 10°, 17°, 20° e 25° anniversario dell'album Nevermind. Nella maggior parte delle interviste che accompagnano questi servizi fotografici, Spencer ha espresso sentimenti profondamente contrastanti sull'essere famoso per quella copertina diventata storica: fino ad ora, comunque, non aveva mai parlato di pornografia. Elden ha ammesso però di aver cercato di entrare in contatto con Grohl e Novoselic senza mai ricevere risposta. Da lì l'intervento di un avvocato che non va per il sottile: la sua «identità e il suo nome sono per sempre legati allo sfruttamento sessuale di natura commerciale che è stato costretto a sperimentare da minore». In sostanza, un danno subìto «da quando era bambino fino ad oggi», secondo gli atti depositati presso la Corte federale di Los Angeles. I soggetti citati, a cominciare dai membri viventi della band (Dave Grohl e Krist Novoselic), sono accusati di aver «prodotto e commercializzato l'immagine senza compiere passi per proteggere Spencer ed evitare l'ampio sfruttamento sessuale dell'immagine stessa». A quanto pare i genitori del bambino all'epoca non avrebbero firmato nessuna liberatoria. L'avvocato di Elden, Robert Y.
Lewis, spiega, infatti, che la foto oltrepassa il limite della pornografia infantile in quanto il bambino, che protende la manina per afferrare una banconota agganciata a un amo, apparirebbe «come una prostituta». Per il momento gli imputati e le case discografiche citate nella causa hanno scelto di non commentare l'accaduto.
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