«Il governo monitora, controlla ma devo dire che il sistema bancario italiano appare solido, i problemi stanno altrove», nell'arena della rassicurazioni entra il gioco anche il ministro dell'Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, che ieri è intervenuto sul tema delle crisi bancarie a margine del giuramento degli allievi della Guardia di Finanza. Su quella necessità di «monitorare» e su quel «i problemi stanno altrove», però, si concentrano le riflessioni su una situazione che, in realtà, non smette di preoccupare. Il discutibile salvataggio di Credit Suisse, infatti, ha creato seri problemi sul mercato di alcuni bond, con l'effetto di rendere più costoso per gli istituti la ricerca di liquidità. La caduta in Borsa di Deutsche Bank di venerdì scorso, scatenata dalla decisione di due istituti tedeschi di non procedere al rimborso di due bond At1, ha innescato una nuova pioggia di vendite sul settore, facendo temere che la maggiore banca tedesca, che in passato ha avuto qualche problema, possa vivere una situazione analoga a quella del Credit Suisse. Ed è anche per questo che la speculazione si è scatenata sui cosiddetti credit default swap, strumenti finanziari che assicurano il detentore dal rischio di fallimento di un'azienda o un istituto, in questo caso la banca di Francoforte.
«In caso di contagio il governo è sempre pronto per i provvedimenti», ha detto Giorgetti, «siamo inseriti in un sistema come quello europeo che ha delle regole e un sistema di controlli ma ribadisco che fino a questo momento per quanto riguarda il sistema bancario non abbiamo segnali di preoccupazione». Il ministro dell'Economia, però, ammette anche che non si è totalmente al riparo da una situazione che potrebbe «dilagare», anche se «i problemi che hanno avuto in Svizzera con Credit Suisse riguardano delle fattispecie che non sono tipiche della banche italiane». Ieri, a proposito del colosso elvetico salvato da Ubs, il ministro delle finanze Karin Keller-Sutter ha dichiarato che il Credit Suisse «ha già prelevato una somma miliardaria» dalla garanzia (da 50 miliardi, poi ampliata a 100) concessa dalla Confederazione e dalla Banca nazionale svizzera a causa dalla fuga di depositi: «La priorità al momento è stabilizzare la situazione», ha detto Keller-Sutter, specificando che è prematuro parlare di scorporo delle attività svizzere dell'istituto. Il Ceo del Credit Suisse, Ulrich Koerner, in una lettera ai dipendenti ha detto di condividere «profonda tristezza e delusione» per l'esito della crisi. Ma ha difeso la fusione, chiedendo agli addetti di rimanere sul pezzo fino a quando la transazione sarà completata nel 2023.
Al netto di un sistema di vigilanza bancaria rigoroso, che ha permesso alle banche del continente di essere ben capitalizzate, il rischio è che un'Europa che adotta politiche sbagliate possa in qualche rovinare i buoni presupposti attuali. Dopo le dichiarazioni di Giorgetti, ieri, è scattato il pressing delle opposizioni per l'approvazione del Mes, il fondo salva Stati che il nostro Paese non ha ancora ratificato (unico nell'Ue). Anche al Consiglio europeo la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha chiesto alla premier Giorgia Meloni di ratificarlo, dal momento che il Mes ha un meccanismo di tutela per i risparmiatori in caso di crisi bancarie. L'Italia, però, spinge su altri strumenti e non ha mai apprezzato il Mes. Sullo sfondo, poi, c'è una Banca centrale europea dominata dai falchi, che vorrebbero proseguire ancora con la politica dei rialzi serrati dei tassi d'interesse.
Nonostante diversi banchieri centrali, tra cui il capo di Bankitalia Ignazio Visco, predichino prudenza. E la stessa Lagarde (venerdì parlerà a Firenze), la quale ha garantito che la banca centrale abbia strumenti per fornire liquidità, non ha spiegato però come questo possa sposarsi con la riduzione del bilancio in atto.
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