Di Battista già si candida, anzi si (auto)nomina ad essere il leader anti-Salvini cui può guardare una buona fetta dell’elettorato pentastellato.
Roberto Fico non bastava più. Il suo ruolo super partes di presidente della Camera lo terrà fuori dai giochi elettorali per un po’. Certo, può continuare a dire che la linea sull’immigrazione è troppo dura e che lui le navi delle Ong le farebbe attraccare nei porti italiani. Ma una cosa sono le dichiarazioni pubbliche, un’altra sporcarsi le mani fattivamente. Per scendere in campo ci vuole un giocatore libero, carico, magari lontano da un po’ dalla scena pubblica. Il M5S deve riposizionarsi a sinistra dopo mesi trascorsi a rincorrere la Lega e Di Battista sembra la persona giusta: non si è candidato alle ultime elezioni, non ha ruoli di potere e - soprattutto - se ne è andato a fare il girovago nelle Americhe. Tutto gioca a suo favore.
Non è un caso dunque se c’è già chi già intravede una sua possibile candidatura alle europee del 2019. Certo, papà Vittorio dice che sarebbe "la peggiore stronzata mai ideata”. Ma non sempre i figli ascoltano i genitori.
Oggi Dibba si è collegato dal Guatemala per la festa del Fatto Quotidiano alla Versiliana. E nel suo intervento si è subito smarcato il più possibile dalla Lega. Dove Di Maio in questi giorni ha chiuso gli occhi in nome del contratto di governo, lì Dibba è andato a colpire il Carroccio. In fondo non ha incarichi nell'esecutivo, ufficialmente pensa al figlio e al suo peregrinare. Dunque è libero di dire ciò che vuole e può stuzzicare chi gli pare. Rivitalizzando così quella nutrita schiera di eletti e elettori pentastellati che dopo i casi Ong e Diciotti hanno manifestato insofferenza verso il pugno duro di Salvini.
I temi che stanno a cuore a Di Battista sono sempre gli stessi. Sui migranti dice che "la battaglia del M5S” è "diversa nelle modalità e nei toni dalla Lega". Primo affondo. Su Autostrade sostiene che "la voglia di cambiare radicalmente le cose della Lega salviniana si vedrà presto, sulla revoca della concessione". Seconda stoccata. E sulla Tav (che il Carroccio vorrebbe portare a termine) Dibba assicura che il Movimento non si è ammorbidito. Anzi. “Purtroppo non siamo al governo da soli – sospira Dibba - per cui bisognava fare per forza questo contratto. Ma è compito e dovere di una forza del 32% convincere il socio di minoranza". Non la tocca piano.
Definire Salvini un “socio di minoranza” è una sfida e al tempo stesso un avvertimento. Di Battista cerca di rimarcare la distanza. Spera di rimettere nell’angolo un vicepremier che negli ultimi mesi si è preso quasi tutta la scena. La sferzata non è indifferente, i toni da campagna elettorale. "Non leggo i sondaggi, ma vedremo se la Lega sarà davvero al 30%...", dice il grillino. Il ministro dell'Interno è avvertito: chi parla non lo considera un buon alleato con cui “si lavora bene”, ma un avversario da battere alle elezioni.
“Salvini si gioca la sua partita e la stampa lo attacca – polemizza Di Battista - Lo vedete come si atteggia, dice 'Processatemi’, dice che rischia 20 anni di galera... Ma cosa rischia? Non rischia nulla". È tornato Dibba.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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