Violenze a Milano, anche il "compagno" Vecchioni lancia l'allarme

Il cantante però cerca anche di scaricare le responsabilità, puntando il dito sulla scuola e sul fatto che molti ragazzi "non per colpa loro sono incolti"

Violenze a Milano, anche il "compagno" Vecchioni lancia l'allarme
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C'è uno strano modo di vedere le violenze di Capodanno a Milano e ce lo stanno presentando, con l'idea di convincere i più scettici, i "compagni" che sono alla strenua ricerca di una giustificazione. Per "Non una di meno" la colpa è della zona rossa, e poi del patriarcato che, dopo anni, ammettono esista fuori dall'Italia. Poi c'è Massimo Gramellini, che sabato 18 gennaio ha sostenuto che quelli sono ragazzi che "che non hanno più una radice nei Paesi del Nordafrica in cui erano nati i loro genitori, ma non si sentono neanche italiani". Quindi, ha proseguito, "sono una terra di nessuno, carichi di rabbia e di frustrazione. Ecco, in tutto questo il governo propone questo DDL sicurezza".

Quindi le violenze contro le donne, il taharrush gamea che è un rituale islamico che punisce le donne per spaventarle e non far loro più prendere parte alla vita pubblica, è colpa del governo. È uno strano modo di vederlo, soprattutto perché sembra che ci sia di fondo una deresponsabilizzazione dei colpevoli per spostare la responsabilità sulla collettività. Se tutti quelli che si sentissero arrabbiati e frustrati in Italia perché non hanno un lavoro, perché lavorano ma non arrivano a fine mese, o per tanti altri motivi, facessero lo stesso, cosa resterebbe della civiltà e della democrazia? Poi c'è Roberto Vecchioni, che ospite di Gramellini inquadra un po' meglio il fenomeno e, anche se non lo centra, fa un passo avanti. L'autore di "Luci a San Siro", dopo aver inserito nel calderone delle responsabilità anche la scuola, ha aggiunto "che c’è troppa rabbia sociale e violenza sociale nelle canzoni di molti rapper che loro ascoltano e seguono. Perché il loro modo di vivere corrisponde alla violenza e a quel 'tutto è mio' nelle canzoni di certi rapper". Almeno c'è un pezzo di questo puzzle che viene messo al suo posto.

Si spinge ad azzardare anche dei paragoni molto arditi: le canzoni di Fabrizio De Andrè e di Vasco Rossi. Ha paragonato dei poeti in musica ai rapper di oggi per ricordare che "anche loro erano 'contro', mazza se erano 'contro', però non hanno mai parlato di violenze o cose simili". Poi ha citato "Pensiero stupendo", scritta da Vasco Rossi per Patti Pravo: "La cambio io la vita che non ce la fa a cambiare me”. Non per prendere tutto quello che voglio io quando lo voglio io, non per prendere tutto quello che voglio prendere, no. Per prendere quello che ho il diritto di prendere. Vasco è un genio". Ecco, appunto: Vasco nel scrivere canzoni è un genio. Poi Vecchioni, quello che "non possiamo stare zitti davanti alle continue violenze della polizia contro gli studenti: basta manganelli e repressione", ha ribadito ancora che la colpa non è dei giovani: "Purtroppo questi ragazzi, molti ragazzi che non per colpa loro sono incolti, non per colpa loro sono in mezzo al deserto praticamente, seguono queste avventure tragiche che gli vengono raccontante da alcuni, non tutti, i rapper".

Ci sono sempre stati in Italia ragazzi cresciuti in famiglia con scarsa scolarizzazione o inadeguate. Ragazzi cresciuti da soli perché entrambi i genitori restavano tutto il giorno fuori casa per lavorare. Ragazzi cresciuti in ambienti periferici dove, per citare un altro cantante, "i tram non vanno avanti più. Dove l'aria è popolare è più facile sognare che guardare in faccia la realtà". Eppure, fino a qualche anno fa, ormai più di qualche, non c'era la paura di oggi di uscire la sera in centro a Milano o in qualunque altra città. Non c'era il rischio di essere stuprate o, comunque, di subire violenza, se si usciva la sera con le amiche o si andava in piazza per Capodanno.

Ogni generazione ha avuto i suoi "ragazzi difficili" ma le città non sono mai state così insicure. E ci si faccia qualche domanda, un po' di autocritica sul motivo, perché negare le radici culturali di quanto accaduto a Capodanno a Milano significa anche non risolvere mai il problema.

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