Con buona probabilità, non sarà un pasto gratis lo scudo anti-spread che la Bce dovrebbe annunciare al termine della riunione di domani. Vincoli e condizioni d'impiego, più meno stringenti, potrebbero saldarsi al cosiddetto Transmission Protection Mechanisman (Tpm), lo strumento destinato a impedire indesiderati surriscaldamenti dei differenziali di rendimento. La banca centrale di Francoforte arriva all'appuntamento clou dell'anno, quello che sancirà tra l'altro il primo aumento dei tassi in oltre un decennio, in una situazione difficile. La guerra in Ucraina ha alimentato l'incendio dei prezzi e portato l'inflazione nell'eurozona all'8,6% in giugno. Un livello insostenibile che mette l'istituto di fronte al dilemma se preservare quel che ancora resta della crescita economica e scansare la recessione, oppure se affrontare a muso duro l'aumento incontrollato dei rincari. La seconda opzione comporta una stretta al costo del denaro decisa, con un ritocco verso l'alto di mezzo punto che riporterebbe i tassi a zero con un anticipo di qualche mese sul ruolino di marcia finora più accreditato. La risalita dell'euro, ieri a 1,0246 sul dollaro, indica che ora i mercati non escludono questa possibilità.
Gli occhi della comunità finanziaria (e non solo) sono però soprattutto puntati sullo scudo anti-spread. Dopo l'inciampo di giugno, quando sparse a piene mani incertezza sul varo del meccanismo contro la frammentazione esasperata dei mercati obbligazionari, Christine Lagarde è chiamata a fare chiarezza su quale strada intenda intraprendere la Bce e, in particolare, quale sarebbe il livello di guardia oltre il quale scatta l'intervento. Secondo alcune indiscrezioni, la soglia limite per i nostri Btp rispetto al Bund tedesco sarebbe quota 350, un tetto ben distante dai 213 di ieri. Pochi analisti scommettono sulla possibilità che l'Eurotower tenga ancora coperte le carte nonostante le dimissioni di Mario Draghi, con il rischio di una chiamata anticipata alle urne degli italiani, abbiano reso complicata la messa a punto del Tpm. Alimentando, in seno al board, quella corrente di pensiero che considera prematura la messa in campo di uno strumento difensivo nel momento in cui i mercati si stanno riposizionando in vista dell'ormai prossimo giro di vite ai tassi; e che storce il naso di fronte all'implementazione dell'ennesimo strumento teso a incoraggiare una certa indolenza nella gestione dei conti pubblici. Il traballante governo tricolore ha poi rafforzato l'idea di chi ritiene l'Italia un Paese da tenere sotto tutela. Quindi, niente assegni firmati in bianco; niente che assomigli, neppure pallidamente, al «Whatever it takes» di SuperMario. In un editoriale, il quotidiano tedesco Welt la mette infatti giù dura: «L'euro sta diventando come la lira: basta comprare spazzatura dei peccatori del debito».
Così, se dovesse prevalere la linea rigorista già propugnata dal capo della Bundesbank, Joachim Nagel, la difesa dei differenziali di rendimento avrebbe un costo. Naturalmente a carico di chi ne beneficia. L'ipotesi più estrema riguarda l'agganciamento dello scudo anti-spread al Mes, il vituperato fondo salva-Stati. Di fatto, la richiesta di attivazione dello scudo equivarrebbe a un commissariamento. Proprio a causa della crisi italiana, fonti interpellate dalla Reuters indicano invece la possibilità che gli interventi della Bce a difesa dei bond oggetto di attacchi speculativi siano subordinati al rispetto delle regole stabilite dalla Commissione europea su riforme e disciplina di bilancio.
Con un occhio di particolare riguardo su due punti: gli impegni presi per ottenere i finanziamenti del NextGenUe e l'osservanza del Patto di stabilità e crescita, una volta ripristinato. Insomma: impegni stringenti che, a detta di Fitch, sarebbero difficili da onorare se Draghi lasciasse Palazzo Chigi.
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