Se non fossimo di fronte a una situazione drammatica, quasi sembrerebbe una barzelletta. O quantomeno una presa in giro. Il valico di Rafah, principale passaggio di ingresso e uscita dalla Striscia di Gaza da e verso l'Egitto, è stato aperto ieri solo temporaneamente per poi essere di nuovo chiuso. E a passarci attraverso sono stati solo aiuti umanitari, peraltro nemmeno troppi. Sarebbero 20, forse meno, i camion carichi di aiuti umanitari che hanno attraversato il confine con a bordo medicinali, forniture mediche e una limitata quantità di scorte alimentari, oltre a un carico di carburante arrivato all'ospedale Khan Younis, nel Sud dell'enclave palestinese. Poi, tutto di nuovo chiuso. Resta invece totalmente irrisolto il tema dell'evacuazione dei civili verso l'Egitto. Ieri, dopo aver saputo della parziale apertura del valico, una cinquantina di palestinesi con doppia cittadinanza, soprattutto egiziana, sono arrivati a Rafah sperando di passare oltre ma non c'è stato verso. Il terminal passeggeri del valico resta chiuso mentre continuano le complicatissime trattative.
«Il primo convoglio di aiuti non deve essere l'ultimo», ha detto il capo dell'agenzia umanitaria dell'Onu Martin Griffiths dicendosi fiducioso che questa spedizione sarà l'inizio di uno sforzo per aiutare gli abitanti di Gaza. Anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha commentato con favore questo primo passo. «Un primo passo importante che allevierà la sofferenza di persone innocenti. I miei ringraziamenti vanno a tutti coloro che hanno contribuito a rendere tutto ciò possibile», ha detto. Critica la posizione di Hamas: «Questo convoglio limitato non sarà in grado di cambiare il disastro umanitario che sta vivendo la Striscia di Gaza. È importante stabilire un corridoio sicuro che funzioni 24 ore su 24 per soddisfare i bisogni umanitari e i servizi essenziali che non ci sono più e per consentire ai feriti di partire per ricevere cure».
Per quanto la posizione di Hamas sia costantemente ambigua, è evidente che la situazione umanitaria nella Striscia rimanga un disastro. «Almeno 7 ospedali di Gaza si trovano sull'orlo del collasso, i generatori per incubatori e macchine di supporto vitale sono rimasti completamente senza carburante», denuncia ActionAid. «L'ospedale di Al-Quds, uno dei più grandi di Gaza, ha ricevuto ordini di evacuazione da parte del governo israeliano. L'ospedale, come molti altri in tutta Gaza, sta assistendo 400 pazienti e ospitando circa 12mila sfollati. Anche le panetterie stanno esaurendo il carburante. Supplichiamo le autorità israeliane di permettere agli aiuti di fluire gli aiuti», spiega l'associazione. Secondo gli ultimi dati, sarebbero oltre 4.400 i morti a Gaza, di cui 1.756 minori e 976 donne. I feriti sono quasi 14mila, mentre continuano i bombardamenti sulla Striscia e gli allarmi risuonano a Tel Aviv e nel centro di Israele per l'arrivo di razzi da Gaza.
Intanto, mentre droni israeliani sono stati avvistati nel sud del Libano nelle aree più vicine alla linea del fronte tra Hezbollah e Israele, Talal Al Hindi, comandante delle Brigate al Qassam, ala militare di Hamas responsabile dell'attacco terroristico del 7 ottobre, è stato ucciso a Gaza. Al Hindi è stato sorpreso e ucciso a casa sua con la moglie e alcuni membri della sua famiglia. Nel frattempo, Israele spiega che è cambiata la definizione di ciò che costituisce «un obiettivo legittimo».
Anche una casa privata può diventare bersaglio perché Hamas utilizza strutture civili come depositi di armi o base per il lancio di razzi anche se le zone dove vengono consegnati aiuti umanitari verranno considerate «zone sicure». Anche se zone sicure nella Striscia di Gaza sembrano non esserci per nulla.
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