
«Götterdämmerung: la rottamazione tedesca al tabù dell'indebitamento segna inequivocabilmente il crepuscolo degli dei dell'ordoliberismo. Svapora la figura dell'ex ministro delle Finanze Lindner e di tutti quelli che, amando l'odore dello spread (degli altri) surriscaldato al mattino, erano sempre pronti a salire sulle barricate per impedire un decimale in più di disavanzo. A cacciarli nelle retrovie della storia un nuovo ordine mondiale che ha certo nella corsa collettiva al riarmo il principale tratto distintivo, ma che sta anche aprendo feritoie nella notte dell'austerità. Nel momento in cui l'America si comporta come i banchieri di Mark Twain, Berlino accetta la sfida della Nouvelle Epoque che pretende rapidità d'intenti e un'espansione fiscale non assoggettata a calcoli ragionieristici. Proprio la strada che la Germania vuole intraprendere dopo aver pesantemente pagato dazio, con un biennio di recessione e con lo sgretolamento della propria industria manifatturiera, al merkeliano Schuldenbremse, cioè all'imbrigliamento del deficit nel ristretto perimetro del pareggio di bilancio. Su questa filosofia contabile, già abiurata da mesi perfino dai falchi della Bundesbank, è pronto a calare la pietra tombale il Cancelliere in pectore, Friedrich Merz (in foto), con un piano da 900 miliardi di euro. Alfiere pentito del rigorismo, il leader della Cdu, punta a rimuovere qualsiasi limite costituzionale alla spesa aggiuntiva per la difesa, che oggi supera di poco il 2% del Pil. Deutsche Bank prevede che quest'accelerazione porterà le risorse destinate agli armamenti al 3%, forse già il prossimo anno. Uno sforzo comunque ancora ben distante dal 7,2% della Cina (impegno confermato ieri anche per 2025), e ancora più lontana, in termini assoluti, dai 916 miliardi spesi dagli Stati Uniti nel 2023 (ultimo dato disponibile).
Warfare, ma non solo: per ammodernare le obsolete infrastrutture tedesche si mettono sul piatto 500 miliardi. Per alleggerire la pressione fiscale ci sarà sempre tempo, poiché Merz ha bisogno di fare la propria rivoluzione prima dell'insediamento del nuovo Parlamento, dove troverebbe il fuoco di sbarramento di Afd contraria alla rimozione del freno al debito. Servirà l'appoggio della sinistra, poco propensa a sdoganare le spese per il riarmo. L'esito più probabile è un compromesso imperniato su un aumento del debito spalmato su più fronti, con l'obiettivo di incentivare anche la crescita economica e il potere d'acquisto dei tedeschi.
La Germania ha del resto ampi margini di manovra per varare politiche espansive, grazie a indebitamento pari al 63% del Pil. Di fatto, potrebbe spendere circa 1.600 miliardi di dollari prima di allinearsi al livello degli Usa, che hanno il secondo rapporto più basso all'interno del G7. Certo non lo farà, anche perché i cosiddetti bond vigilantes hanno già mandato un segnale a Berlino facendo salire, in una sola seduta, i rendimenti del Bund di 24 punti base. Pur riconoscendo la solidità finanziaria tedesca, il mercato chiede insomma tassi più elevati per compensare l'aumento delle obbligazioni in circolazione.
Si tratta di un primo campanello d'allarme per i tedeschi, e anche per la Bce. Ecco perché, ora che la stagione dell'austerità è tramontata, ci sarebbe più che mai bisogno degli Eurobond: non solo per irrobustire i sistemi difensivi, ma anche per dare un futuro all'Unione europea.
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