L 'Europa e l'Italia non possono chiamarsi fuori dalla crisi afghana. Si può, anzi si deve, tornare a parlare di «intervento». Lo fa lo stesso Silvio Berluconi che ha voluto fare il punto sulla crisi internazionale riunendo i parlamentari azzurri che fanno parte delle Commissioni Affari e Esteri e Difesa di Camera e Senato. Il leader azzurro ha manifestato forte preoccupazione per il degenerare della situazione soprattutto nella zona dell'aeroporto internazionale della capitale afghana dove si susseguono da giorni scontri con numerosi morti e feriti.
«Nonostante il tentativo di apparire diversi dal passato e gli impegni presi - ricorda Berlusconi -, i fatti dimostrano il contrario: la prima riforma che riguarda l'istruzione, fatta ad Herat, stabilisce che la promiscuità scolastica è il male assoluto mentre all'aeroporto di Kabul proseguono i disordini con morti e feriti anche tra donne e bambini». Il leader azzurro ha poi sottolineato quanto l'Occidente tutto abbia sottovalutato i rischi di un ritiro frettoloso dall'Afghanistan. E, ancor più grave, è stato sopravvalutato il grado di resistenza e compattezza dell'esercito regolare di Kabul, che alla prima prova dei fatti si è sciolto come neve al sole. «Oggi, di fronte a immagini che turbano le nostre coscienze - ha ammonito il leader azzurro -, non possiamo voltare le spalle agli afghani e, in particolare, a quella generazione, numerosissima, in un Paese giovane, che è cresciuta credendo e sperando in un futuro migliore. Come Paese, come Unione Europea e come Occidente, utilizzando gli strumenti che abbiamo cioè l'Onu e la Nato, abbiamo il dovere di mettere in salvo chi rischia la vita per aver difeso la democrazia».
Nel corso della riunione si sono trattati anche problemi di geopolitica legati all'influenza che potrebbe portare il colosso cinese nell'area di crisi. Il Paese afghano è ricco di materie prime, fondamentali per l'industria hi-tech. Pechino sta già aprendo canali diplomatici con i talebani, incuranti del fatto che questi ultimi vogliano ripristina la teocrazia nel loro Paese. «Un progetto di egemonia economica e politica estremamente pericoloso per la nostra libertà» ha commentato il leader azzurro.
È stato anche sottolineato il grande lavoro delle Forze armate italiane e dei nostri servizi di intelligence che stanno facendo il massimo per garantire l'esodo in piena sicurezza di quanti vogliono espatriare.
Alla riunione hanno partecipato anche il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè e coordinatore nazionale del partito Antonio Tajani e proprio quest'ultimo ha lanciato una proposta: spostare il termine del 31 agosto imposto dai talebani alle forze occidentali per completare il ritiro di truppe e civili. «Bisogna rinviarla sine die - ha spiegato Tajani -, almeno fino a quando l'ultimo degli afghani in attesa non sarà portato in salvo». «Qualsiasi deadline - ha aggiunto il sottosegretario Mulè - è priva di senso. La vita non è uno yogurt che ha una data di scadenza: ripeto, finché non saranno messi in sicurezza i civili in pericolo noi ci saremo e lo sforzo comune della Difesa italiana è proprio quello di proseguire con il ponte aereo e di continuare a salvare bambini, donne e uomini». Nel corso della riunione è poi emersa la di incentivare la collaborazione tra le forze alleate con l'utilizzo delle basi nei vari Paesi e la collaborazione dell'aviazione civile per mettere in comune lo sforzo per rendere più veloce possibile il ponte aereo; stabilire fin d'ora un'equa distribuzione dei profughi nei Paesi dell'Unione europea che volessero lasciare l'Afghanistan.
L'eurodeputata azzurra Luisa Regimenti ha intanto presentato un'interrogazione alla Commissione europea per chiedere la predisposizione di un ponte umanitario che agevoli la consegna di forniture mediche essenziali, garantendo la circolazione in sicurezza degli operatori sanitari, ma anche misure urgenti per la protezione della popolazione civile afghana.
«Com'è evidente ha confermato l'eurodeputata azzurra a pagare un prezzo fin troppo alto sono donne e bambini, che vanno protetti e salvati dal regime talebano, con il quale, al contrario di quanto sostiene anche l'ex presidente del Consiglio Conte, non può e non deve esserci alcun dialogo».
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