Il bivio grillino: Dibba, il partito di Conte e le spoglie del M5s

La diatriba tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte, sconvolge il M5S. Ecco il parere dell'attore Jacopo Fo e di Claudio Messora, fondatore di Byoblu

Il bivio grillino: Dibba, il partito di Conte e le spoglie del M5s

Gli ultimi tumulti tra Beppe Grillo e il leader in pectore, Giuseppe Conte, hanno sconvolto di nuovo il M5S. Per la rubrica 'il bianco e il nero' abbiamo raccolto le opinioni dell'attore Jacopo Fo e di Claudio Messora, fondatore di Byoblu.

Ieri, secondo lei, Grillo si è ripreso il M5S e la leadership di Conte è finita ancor prima di cominciare?

Fo: “Non credo che ci sia stata una svolta, però non ho elementi per dare dei giudizi. Credo che, in questo momento, neanche Grillo e Conte siano in grado di dire che cosa stia succedendo. È una situazione molto dinamica e qualunque soluzione finale è ipotizzabile".

Messora: "I parlamentari M5S non hanno una linea ben definita. Non esistono maggioranze chiare a vantaggio della linea di Grillo o di quella di Conte. La realtà, detta nel politichese più banale, è che in queste ore Conte sta progettando la distribuzione delle poltrone. Quello che è molto probabile che avvenga è che quelli che riceveranno una poltrona saranno a favore di Conte, e gli altri saranno a favore di Grillo. Le rivendicazioni del garante sono queste: a febbraio aveva chiesto aiuto a Conte per la rielaborazione dello Statuto. Conte si è messo al lavoro, ma non si è basato sullo Statuto esistente, apportando eventuali piccole correzioni: ha elaborato uno Statuto del tutto nuovo, che ha inviato a Beppe Grillo soltanto due settimane fa. Questo è il motivo per cui Grillo è stato in silenzio fino a due settimane fa ed è tornato sulla scena solo adesso. Non poteva accettare uno Statuto che per molti versi disconosce la storia del MoVimento e lo trasforma in un partito come gli altri. Ad esempio, Grillo è contrario all’eliminazione del vincolo dei due mandati, che era stato ideato da Casaleggio per evitare la politica di professione. Poi c’è la questione troppo direzionale della linea Conte. Ad esempio a Napoli il candidato sindaco non è stato deciso dagli iscritti e neppure dai consiglieri comunali, che ne erano all’oscuro, ma nelle segrete stanze: una cosa che non è da Cinque Stelle. Gianroberto Casaleggio aveva specificamente vietato di creare strutture direzionali intermedie, sempre con l’intento di non creare centri di potere che vanno fuori controllo. La gestione era demandata agli iscritti e agli eletti. In questo modo tutta la macchina organizzativa del Movimento Cinque Stelle poteva essere contenuta in un budget di un milione e duecentomila euro all’anno. Questo perché nessuno percepiva soldi. Nel momento in cui crei strutture di gestione intermedie devi invece assumere personale (nessuno lavora pro bono), e i costi inevitabilmente lievitano al livello degli altri partiti. Il che significa la caduta di un altro tabù: quello della rinuncia ai rimborsi elettorali, che in questa nuova dimensione verrebbe giocoforza a cadere. Anche il tesoretto costituito a partire dalle restituzioni degli stipendi dei parlamentari fa gola a molti. Grillo, in quanto garante, non accetta una deriva totale del MoVimento che ha contribuito a creare. Conte, dal canto suo, non accetta una diarchia di fatto. La cosa più probabile è che, con qualche avvocato in mezzo, si trovi presto una soluzione per emendare lo Statuto creato da Conte".

Quella di ieri era la prima uscita pubblica di Grillo, dopo il famoso video in cui difese suo figlio. Si può dire che quello sia un incidente già chiuso e dimenticato?

Fo: “C'è un procedimento in corso ed è prematuro dire cosa succederà. I media sicuramente parleranno ancora tanto del processo”.

Messora: "Il dolore causato ai protagonisti di quella vicenda non può essere certamente da loro dimenticato, e del resto bisognerà aspettare l’esito dell’iter processuale per avere una verità quantomeno giuridica, ma le leggi della comunicazione insegnano che per fare in modo che i giornali smettano di parlare di qualcosa, bisogna spostare la loro attenzione su qualcosa di nuovo. E l’attenzione della gente, poi, defluisce di conseguenza. Andreotti, che certamente di queste cose ne capiva, diceva che l’opinione pubblica è una grande lavagna vuota dove ogni giorno qualcuno scrive quello di cui bisogna parlare. In questo senso i giornali hanno trattato la vicenda che coinvolge il figlio di Grillo in maniera strumentale: l’hanno incomprensibilmente ignorata quando il M5S doveva allearsi con il PD per il Conte Bis, e l’hanno invece cavalcata quando volevano che il M5S completasse il distacco da Rousseau e da Grillo, per diventare il nuovo partito di Conte, costola in pianta stabile del Partito Democratico. Di ciò che succede ognuno può farsi la sua opinione, ma nel modo in cui i media trattano le vicende c’è sempre un lato strumentale che bisogna imparare a leggere, per difendersene".

Se Grillo e Conte non dovessero riappacificarsi, l'ex premier potrebbe avere successo alla guida di un partito tutto nuovo?

Fo: “Penso di sì perché non è un politico classico, ma una persona che ha raccolto la stima di tantissime persone".

Messora: "Conte può fare affidamento su una discreta popolarità acquisita durante gli anni della sua Presidenza del Consiglio, condotta costantemente davanti alle telecamere e sui social, sotto la guida di Rocco Casalino. In più, può contare sull’appoggio del Partito Democratico e ha dalla sua personaggi influenti come Marco Travaglio, da sempre sponsor di un’alleanza del M5S a sinistra (per quel che “sinistra” possa significare oggi). Di sicuro avrebbe quella visibilità e quel credito che i parlamentari cinque stelle da soli non hanno. Tuttavia, compirebbe la trasformazione definitiva del Movimento Cinque Stelle in un partito tradizionale e, non essendoci quasi più nessuna differenza con il Partito Democratico, la gente finirebbe per non coglierne l’utilità. Dubito fortemente che, estintasi la spinta rivoluzionaria del Movimento Cinque Stelle, sotto la guida di Conte possa trasformarsi in una forza politica con i numeri per governare, specialmente in un momento storico dove il centro destra, e segnatamente Giorgia Meloni, si sta guadagnando il primo posto nei sondaggi. Segno che il Paese ha voglia di liberarsi dalla morsa che il Partito Democratico, pur uscito sconfitto alle ultime elezioni, ha imposto grazie alla logica di governo emergenziale, che da ormai oltre dieci anni è la sola strategia politica che sa mettere in atto per restare al potere (dal “ce lo chiede l’Europa” in poi).

Senza Conte, il M5S potrà comunque avere un futuro o finirà col disintegrarsi totalmente?

Fo: "Sì, potrà averlo, ma dovrà venir fuori una personalità che, per adesso, non c'è perché la gestione di Di Maio è stata disastrosa e ha fatto crollare la credibilità del M5S. Non sono state fatte alcune battaglie storiche che erano nel programma del M5S come la class action e la lotta all'uranio impoverito. Di Maio ha tradito lo spirito del Movimento e i militanti sono diventati soltanto delle persone che dovevano votare sì o no".

Messora: "Il Movimento Cinque Stelle ha senso come forza di rottura, in segno di grande discontinuità rispetto alla politica tradizionale. Ha costruito il suo consenso nelle piazze e con la promessa di restituire ai cittadini la loro sovranità politica, attraverso i meccanismi della democrazia diretta. Poi, dopo la scomparsa del suo fondatore, Gianroberto Casaleggio, ha fatto concessioni continue alle logiche di palazzo, allontanandosi dalle piazze. In queste condizioni, senza una guida forte che ricordi a tutti quali principi ispiratori lo abbiano condotto a guadagnarsi una fiducia enorme da parte del popolo italiano, e senza una strategia di ritorno convinto ai valori originari, non può che condannarsi all’irrilevanza. Ma se vorrà proseguire sulla strada segnata dal fondatore, dovrebbe puntare su Alessandro Di Battista, che ha dimostrato di avere ancora ben chiaro di quale natura sia il legame tra gli elettori e quelli che una volta venivano definiti, in maniera nobile, semplici “portavoce”. Uno scatto d’orgoglio del Movimento Cinque Stelle che uscisse finalmente dai palazzi per tornare nelle piazze a ritrovare se stesso è l’unica opportunità che ha di avere un futuro".

Al Pd conviene davvero allearsi con un partito così diviso e senza una leadership chiara?

Fo: "Io faccio parte di quel piccolo gruppo di persone che, quando ci fu l'incontro tra Bersani e la Lombardi, avevano tentato una mediazione tra Pd e M5S. Alla fine, ho avuto ragione perché la linea che non ci si poteva alleare con i democratici è stata cancellata dalla storia e credo che non ci sia un'altra possibilità che unificare i progressisti. Ma ci deve essere un grande cambiamento dentro il Pd, il M5S, LeU, i Verdi e i Radicali. Creare un vero movimento progressista che raccolga i vari partiti e movimenti su obiettivi semplici è fondamentale".

Messora: "Al Pd conviene, per due motivi. Primo, perché innanzitutto deve arginare l’avanzata del centro destra, sotto la guida di Giorgia Meloni, e ha bisogno di chiunque lo aiuti a formare una coalizione che possa ridurne l’impatto sotto il profilo elettorale. Secondo, perché tenendo il M5S saldamente nel suo abbraccio mortale, ne inattiva la spinta rivoluzionaria e ne fa la sua costola.

E questo per le élite democratiche non può che essere un obiettivo desiderabile. Traslando la questione in ambito commerciale: quale azienda non vorrebbe legare a sé un concorrente competitivo, per impedirgli di crescere?"

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