Bibi e la sfida finale al terrore jihadista. La tregua? Reggerà

A Jenin, Ramallah e Hebron la battaglia decisiva. Ora con l'appoggio americano

Bibi e la sfida finale al terrore jihadista. La tregua? Reggerà
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Nemmeno un minuto di respiro in Israele, mentre Trump aggiusta la sua strategia mediorientale e lascia fluttuare, fra molti messaggi di rassicurazione e un inaspettato autentico empito di affetto verso i rapiti, la facile previsione che la tregua in corso non sia così solida.

Ma la tregua non c'entra, sono fuori da Gaza gli eventi di grande peso specifico che ieri hanno segnato un recupero della dura posizione strategica per cui Israele, lungi dall'essere ipnotizzata dalla soddisfazione del ritorno degli ostaggi, cerca di consolidare la deterrenza raggiunta che ha costretto Hamas al compromesso. Oltre Gaza e oltre gli Hezbollah e dopo Assad, Israele punta a un nuovo Medioriente dove su tutti e sette i fronti di guerra sia proibito fare uso del terrorismo. Punta sull'alleanza col nuovo governo americano su questo.

Cambia la scena: con un discorso pieno di dignità e memore del disastro del 7 ottobre (che quindi mostra l'intenzione di invitare anche il potere civile a compiere lo stesso passo) Herzi Halevi ha lasciato il suo posto di Capo di Stato Maggiore nella guerra sfibrante e pericolosa. Ha ottenuto molti successi, e Netanyahu con un messaggio non ha mancato di riconoscerglieli, ma pesava da tempo l'incessante divergenza col primo ministro sull'idea di vittoria e di patto per i rapiti: Halevi era stato a fianco dell'ex ministro della difesa Gallant persino discutendo la tutela dello Tzir Filadelfi, un bene fondamentale della concezione difensiva di Netanyahu. Col ritiro delle truppe da Gaza si liberano truppe per la battaglia decisiva contro il vero esercito del terrorismo in Giudea e Samaria e forse con l'arrivo di Trump si disegna più concreto l'obiettivo che Bibi ripete sempre: distruggere gli apparti atomici dell'Iran, e con essi il regime degli Ayatollah. Il fronte di Jenin, Ramallah, Hebron ogni giorno mette in pericolo la vita dei cittadini non solo del confine sud, a Gaza, o del nord, quello del Libano, ma tutte le città: nel 2024 46 israeliani sono stati uccisi e 337 feriti, mentre si prevenivano 1.040 attacchi, di cui 689 con armi da fuoco, 326 con esplosivi, 13 con coltelli, 9 con auto in corsa. Il ministro della difesa Israel Katz l'aveva annunciato subito dopo che erano stati uccise tre persone a Kedumim, vicino a Jenin, la casa madre di tutti i peggiori attacchi dal tempo della seconda Intifada, patria di molti terroristi fra i 1.700 che verranno liberati nello scambio. Due donne e un sergente di polizia che era in auto col bimbo di dieci anni sono stati finiti a pistolettate e i feriti sono stati otto.

Jenin organizza migliaia di terroristi dall'età infantile, Hamas e la Jihad Islamica godono di fondi iraniani. La decisione di intraprendere l'operazione di Jenin che durerà giorni e intende distruggere le strutture terroristiche, è stata denominata «Muro di Acciaio» come quella che pose fine alla seconda Intifada fu chiamata «Muro di difesa»: ieri è iniziato dopo aver avvertito e fatto uscire dalla città gli ufficiali dell'Autonomia Palestinese che aveva per circa tre settimane operato contro Hamas, nemico acerrimo di Abu Mazen eppure suo concorrente vincente nell'opinione pubblica palestinese nell'istigare al terrore. Non è infrequente il caso di membri della polizia di Ramallah che con le armi di ordinanza partecipano ad attentati. Ma in queste settimane, le forze di Abu Mazen hanno agito in modo da candidare l'Autonomia al futuro possesso della Striscia di Gaza.

Trump ha detto che la posizione ne farebbe una magnifica nuova Singapore, ma che Hamas, terrorista e violenta, non ne avrà il dominio. Israele certo condivide questo punto. Per realizzarlo occorre combattere anche nel West Bank.

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