Biden e Harris temono per i terminal petroliferi

L'impennata del prezzo del greggio può essere la "sorpresa di ottobre"

Biden e Harris temono per i terminal petroliferi
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Le mosse di Israele in Medio Oriente agitano Washington, e Joe Biden ribadisce che sta facendo di tutto per evitare una guerra totale nella regione. Un funzionario dell'amministrazione Usa ha rivelato alla Cnn che lo Stato ebraico non ha dato loro garanzie sul fatto che puntare agli impianti nucleari iraniani non rientri tra le opzioni, ed è «davvero difficile dire» se Benjamin Netanyahu utilizzerà l'anniversario dell'attacco di Hamas di domani per vendicarsi. Per il presidente americano, Tel Aviv dovrebbe cercare «altre alternative» a quella di colpire gli impianti petroliferi di Teheran come rappresaglia al blitz missilistico dei giorni scorsi, ma d'altra parte dice di non sapere se il premier israeliano stia appositamente ritardando un accordo di pace in Medio Oriente per influenzare l'esito delle elezioni. «Nessuna amministrazione ha aiutato Israele più di me. Nessuna. E penso che Bibi dovrebbe ricordarsene», ha sottolineato Biden senza nascondere la frustrazione, rispondendo poi con un «non lo so» a chi gli chiedeva un commento sulle parole del senatore democratico Chris Murphy, che non ha escluso interferenze nel voto. Mentre la Cnn ha avvertito che «il petrolio a 100 dollari potrebbe essere la sorpresa d'ottobre che nessuno voleva». Nel gergo politico americano, la «sorpresa d'ottobre» indica un evento di grande portata mediatica pianificato a ridosso delle presidenziali per favorire all'ultimo momento uno dei candidati. Gli esperti avvertono come sia ancora reale il rischio che l'escalation in Medio Oriente causi un'impennata devastante dei prezzi del petrolio (e quindi del carburante), sconvolgendo l'economia mondiale, e con un potenziale impatto anche sulle elezioni. Uno choc petrolifero infatti rilancerebbe l'inflazione aumentando ancora il costo della vita in America (uno degli argomenti di grande preoccupazione), danneggiando l'amministrazione in carica e la campagna di Kamala Harris. Donald Trump, da parte sua, ha lanciato un assist a Netanyahu, affermando che Israele dovrebbe colpire i siti atomici iraniani. «La risposta doveva essere: colpite il nucleare prima e preoccupatevi poi», ha detto il tycoon, lasciando intendere che con lui alla Casa Bianca il premier avrebbe le mani più libere contro la Repubblica Islamica. Il Pentagono, al contrario, si sta interrogando sulla presenza rafforzata americana in Medio Oriente: alcuni all'interno del dipartimento della Difesa sono convinti che limiti i rischi di una guerra più ampia, altri invece temono che l'unico effetto sia quello di peggiorarli, incoraggiando l'offensiva di Tel Aviv. Secondo il New York Times, diversi funzionari del Pentagono sono preoccupati dall'aggressiva campagna di Israele, che si sente «protetto» dalla presenza degli Usa, pronti a intervenire in caso di necessità.

E cinque deputati democratici hanno chiesto a Washington di mettere fine alla «cultura dell'impunità» israeliana in una lettera inviata al dipartimento di Stato e a quello della Difesa. I dem esortano la Casa Bianca a far rispettare le leggi, e in particolare, la norma che vieta i finanziamenti americani alle forze militari straniere accusate di gravi violazioni dei diritti umani.

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