Una legge dell'energia prova che ciò che lanciamo contro un ostacolo, umano o materiale che sia, ci torna indietro come un boomerang. Ecco. Il boomerang è puntualmente tornato sul neo direttore di RaiTre, Daria Bignardi, ed è andato a incagliarsi in una delle generose scollature che la giornalista esibiva a La7 (ai tempi de Le Invasioni Barbariche). È bastato che la Bignardi imponesse un dress code alle conduttrici della terza rete perché a qualcuno venisse voglia di ricordarle il dress code che un tempo si dava da sola: tacchi, spacchi, scolli, braccia scoperte. Tutto gradevolissimo, a dire il vero. Ma tutto improvvisamente inaccettabile per il neo direttore che alle donne della sua rete avrebbe ordinato: camicette sobrie (possibilmente in colori tenui), scollature minime (da quelle deve uscire solo il collo), tacco basso, trucco leggero e soprattutto niente tubini, men che meno neri. Perché si sa che quella tinta demoniaca addensa la sensualità.
Non c'è dubbio che la Bignardi abbia preso sul serio il nuovo ruolo, tanto da non porsi neppure il problema di fino a che punto sia lecito scendere nei dettagli. D'altra parte la tv pubblica è la tv pubblica, il direttore di rete è il direttore di rete ed è tutta un'altra responsabilità rispetto a offrire birrette agli intervistati in un talk da emittente commerciale. Ma vien da dire che la Bignardi era più simpatica (o meno radiosamente antipatica) quando si sentiva a casa d'altri. Questo codice da zitelle moderne, questa scelta forzata di opaca semplicità non è da Daria. Non la Daria che conosciamo almeno: in profumo di femminismo e progressismo. Non la Daria pacificata sull'ottenuta parità sessuale quando non sulla indubbia superiorità del gentil sesso. Questa Bignardi direttora e inspiegabilmente timorosa, questa Bignardi casta e incolore, questa Bignardi in versione ostessa preoccupata del fatto che sia l'insegna a fare la clientela, contravviene a tutto ciò a cui ci aveva abituati. Coraggiosa pioniera del primo Grande Fratello (fu lei a prendersi la briga e la linea dalla «caaaasa» più discussa della tv), intervistatrice politicamente scorretta (almeno con alcuni intervistati), fuggiasca agguerrita pronta ad abbandonare il colosso Mediaset per scommettere sulla talentuosa, corsara, giovanissima e piccolissima La7. Questa Daria che si imborghesisce in Rai, tanto da dimenticare che la salvezza dei corpi è l'opposto della salvezza dell'anima, questa donna che riveste le donne, non è la Bignardi.
Questa Bignardi si insedia e suggerisce alle sue conduttrici lo stesso look che sarebbe in grado di raccomandare il più becero dei maschilisti a qualsiasi donna che debba prendere la metropolitana per evitare inconvenienti sgraditi. Il consiglio medio, di un uomo medio, in una conversazione media (di quelle che di solito vengono approntate nei salotti televisivi subito dopo un brutto fatto di cronaca). Nulla che ci aspettassimo dalla direttora. Nulla che ci aspettassimo da questa direttora. Che un tempo era perfino una donna... Con tacchi, spacchi, scolli, braccia scoperte.
Che ai tempi Daria si sentisse di valere meno? Di non essere decorosa? Di non venir ascoltata? Fortuna che almeno Bianca Berlinguer (se non altro alla conduzione del tg di ieri) ha scelto di non darle retta, andando in onda scollata, autorevolissima e decisamente bella. Le altre, tutte le altre signore di RaiTre, reduci da decine di direzioni maschili, non si erano mai viste tanto inopportune nello sguardo di qualcuno.
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