C'è un problema che l'agenzia del farmaco Aifa dovrà affrontare a breve: l'utilizzo dei farmaci antivirali. Perchè facciano effetto, vanno dati al paziente entro cinque giorni dai primi sintomi ma i vari passaggi della burocrazia sanitaria rendono praticamente impossibile rispettare i tempi di somministrazione. Fra tampone, attesa del risultato, medico che contatta il reparto di Malattie infettive, valutazione della cartella clinica, di giorni ne passano ben di più. E il rischio è che i farmaci (che costano 700 dollari a trattamento) scadano e, inutilizzati, finiscano in pattumiera.
Lo ha denunciato nei giorni scorsi il virologo Francesco Broccolo dell'università Bicocca di Milano. E gli fanno eco i medici di base che, in teoria, avrebbero tutti gli strumenti per valutare i casi e prescrivere la ricetta, semplificando l'iter. Aifa per ora ha in mano un solo dato: fino al 3 febbraio sono stati 4.117 i pazienti che hanno ricevuto una prescrizione di molnupiravir, la pillola anti-Covid di Merck. Non sono invece ancora disponibili i dati relativi al farmaco di Pfizer, arrivato in Italia solo pochi giorni fa. «Chiediamo che i percorsi siano semplificati - intima il presidente Fnomceo Filippo Anelli - per poter iniziare il prima possibile il trattamento. Ciò significa rendere possibile la prescrizione anche da parte del medico di base e soprattutto fare in modo che le pillola possano essere distribuite anche nelle farmacie distrettuali delle asl e non solo in quelle ospedaliere».
La nuova sfida per Aifa arriva proprio mentre si chiude il rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini. Un dossier che racconta in numeri la storia dei vaccini, fra benefici, reazioni avverse e decessi. Dimostrando quanto siano infondate le accuse del popolo no vax, che da tempo punta il dito contro Aifa accusandola di oscurare i dati. I dati invece ci sono.
In un anno sono stati 22 i decessi considerati correlabili alla somministrazione dei vaccini, pari a circa 0,2 casi ogni milione di dosi somministrate. «Entro i 14 giorni dalla vaccinazione, per qualunque dose - si precisa comunque nel report - i decessi osservati sono nettamente inferiori ai decessi attesi. Non c'è quindi alcun aumento del numero di eventi rispetto a quello che ci saremmo aspettati in una popolazione simile ma non vaccinata».
Pochissime le reazioni avverse e quasi tutte non gravi: su oltre 108,5 milioni di dosi inoculate in Italia in un anno, le segnalazioni di «sospetti eventi avversi» sono state 117.920, mediamente 109 ogni 100mila dosi, indipendentemente dal tipo di vaccino e dalla dose. Le segnalazioni riguardano soprattutto il vaccino di Pfizer (68%), che è stato il vaccino più utilizzato, e solo in minor misura AstraZeneca (19,8%), Moderna (10,8%) e J&J (1,4%). Due i casi di miocardite per milione di abitanti.
Quanto volte inferiori le reazioni segnalate sui bambini, per lo più legate a gonfiore del braccio e spossatezza. «Questo rapporto annuale - sostiene il direttore generale di Aifa Nicola Magrini - è uno dei tasselli utili a una miglior comprensione del rapporto beneficio-rischio, molto favorevole. I dubbi talvolta espressi dalle persone vanno smorzati alla luce della sommatoria delle evidenze disponibili in questo ultimo anno».
«Abbiamo avuto grande fortuna nel poter avere in tempi brevi un'arma molto efficace - commenta l'ex direttore dell'Agenzia europea per i medicinali Guido Rasi - Gran parte degli effetti collaterali è identica a quella registrata negli studi di sperimentazione da chi ha ricevuto il placebo, quindi una grossa componente è dovuta all'effetto 'nocebo' ovvero la suggestione. Non è un difetto di qualcuno ma è la natura umana».
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