"Bisogna essere in due". Renzi corteggia Bersani ma il sì non arriva mai

Mdp respinge la mano tesa del segretario Pd: il mediatore Fassino lo riceviamo per cortesia

"Bisogna essere in due". Renzi corteggia Bersani ma il sì non arriva mai

Alla sinistra che si dibatte nella poca acqua consentita - movimenti vitali o spasmi del morituro, lo si vedrà - mancava soltanto Antonio Ingroia e la sua «Mossa del cavallo». Ora c'è: «Offrire uno sbocco a tutti i cittadini che non si sentono rappresentati dai partiti», scrive l'ex Pm nell'invito alla presentazione del progetto (tra gli altri animatori della performance ippica, Giulietto Chiesa e il generale dei carabinieri Gebbia).

Con Ingroia e l'avvenuta scissione dell'atomo «civico» di Falcone e Montanari, la prima pronta a candidarsi, il secondo no (mentre Rifondazione s'è barricata nel bunker del proprio settarismo), la confusione pre-elettorale arriverà allo zenit. Ed è qui, però, che cascherà l'asino, considerato che la capacità attrattiva del Pd di Matteo Renzi viene vista a sinistra peggio del suono della campana a morto. Inutile che il segretario continui a fingersi benevolo e inclusivo: nessuno ci crede. Così come poco credibile è la sorpresa per una Direzione «senza litigare» mostrata ieri da Renzi: a convincere la riottosa minoranza (in particolare Emiliano) sono stati i posti in lista, non già le profferte di «incontro» (titolo della prossima Leopolda) a chi se n'è andato dal Pd tra gli insulti. «Ho rispetto per Bersani e D'Alema, ma la gente del centrosinistra non sopporta più questo continuo balletto e divisioni. Noi come Pd ci stiamo, siamo disponibili a superare gli insulti del passato ma bisogna essere in due». Renzi, nel concreto, si dimostra però uguale a quello di sempre, anche nel giro elettorale compiuto ieri tra Veneto e Trentino. Dove è sembrato ancora una volta invischiato mani e piedi nelle vicende bancarie. «La battaglia a Bankitalia e Consob non è andata bene, ma non potevo farla prima. Però io da premier ho permesso che venissero fuori le schifezze bancarie», ha rivendicato con i risparmiatori truffati. Ancora una volta ha anche cercato di vantare risultati del proprio governo, sulla base dei dati sulla crescita del Pil (come ha osservato Brunetta, dovuta «a ben 4 manovre fatte in deficit con il placet della Commissione Ue che hanno prodotto, tra l'altro, il completo dissesto dei conti pubblici»).

In virtù del deficit di credibilità di Renzi, tra i bersaniani si consolida l'idea di una sconfitta ineluttabile, per il centrosinistra. Gli ultimi accorati appelli all'unità, sia del segretario sia di Veltroni, non fanno altro che confermare l'impressione. «Nel Pd si stanno rendendo conto che le prossime elezioni si aggiungeranno all'elenco delle sconfitte - ragiona Fratoianni, segretario di Si -. C'è paura di perdere, c'è un disperato appello a una coalizione-ossimoro: non si può chiederci di allearsi con il Pd rivendicando contemporaneamente le politiche incompatibili con l'alleanza».

Questa, in definitiva, è la linea che Mdp, Si e Possibile di Civati seguiranno. «In Direzione avrebbe dovuto fare un passo indietro ed auto-escludersi dalla corsa a premier», dice il dalemiano Rossi. Il «pontiere» scovato da Renzi nel sottoscala, il disoccupato Fassino, verrà incontrato «per cortesia», fanno sapere da Mdp. Nessuno scommette un cent sulle reali possibilità di alleanza.

Se anche la Boldrini trascinerà via Pisapia dall'abbraccio col Nazareno, e mentre i Radicali alzano il prezzo sui seggi, a Matteo non restano che il Psi di Nencini e gli europeisti di Della Vedova. Oltre che, naturalmente, la zavorra di Alfano.

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