Blitz dei giudici sul voto: Netanyahu incriminato a 40 giorni dalle elezioni

Il procuratore contesterà tre casi di corruzione. Replica del premier: "Non vogliono che io vinca"

Blitz dei giudici sul voto: Netanyahu incriminato a 40 giorni dalle elezioni

Gerusalemme - Israele è scossa e ferita: ieri l'Avvocatura dello Stato, il pubblico ministero Avichai Mandelblit con 57 pagine di accuse e dopo due anni e messo di indagini, ha suggerito di incriminare il primo ministro Benjamin Netanyahu per corruzione e frode, mettendo così in discussione non solo un grande protagonista, perno della politica israeliana a casa e nel mondo, ma palesemente influenzando pesantemente anche il risultato delle prossime elezioni che si terranno il 9 di aprile. Ormai che la macchina giudiziaria è stata avviata, è del tutto realistico pensare che la preminenza del Likud subirà uno shock: si prevede già un calo di quattro seggi, e quindi un pareggio con la forza antagonista «Blu e bianco»: non sorprende che i tempi della scelta di Mandelblit facciano parlare di un putsch politico. Nel frattempo, l'ex capo dell'esercito, il tenente generale Benjamin «Benny» Gantz e leader del partito Resilienza per Israele chiede le dimissioni del premier.

Il brivido della situazione, l'imbarazzo di un Paese che per la seconda volta vede un suo primo ministro impolverato e ferito (anche se Ehud Olmert era accusato di ben altri crimini) è accompagnata anche da evidenti espressioni di soddisfazione, anzi, di gioia, di un largo schieramento di detrattori soprattutto nel mondo dell'informazione, quasi tutto ostile al primo ministro.

Netanyahu ha affrontato la dura realtà appena rientrato da un incontro con Putin, dopo una notte insonne sull'aereo che lo riportava a casa: aveva ottenuto dalla Russia un silenzio-assenso sull'assoluta determinazione a combattere la presenza iraniana in Siria. Ha cercato di sottoporre alla Corte Suprema la possibilità di rimandare la pubblicità della decisione al dopo elezioni: senza successo.

Così ora le accuse riguardano tre casi: nel caso 1000, Bibi è accusato di aver ricevuto troppi regali in champagne e sigari, fino a decine di migliaia di dollari in doni, e di avere forse in cambio favorito il donatore. Ma più di una telefonata per favorire la concessione di un visto americano, non sembra apparire come moneta di scambio. Negli altri due, i casi 2000 e 4000, è accusato di aver promosso una legge di finanziamento della compagnia di comunicazione Bezec mentre spingeva a una copertura più favorevole da parte della sua testata Walla. Ma Bibi ha sempre detto che non c'è stata né copertura favorevole né finanziamenti: «Contro di me una caccia alle streghe, non vogliono che vinca», la replica del premier. Le accuse sono ormai dettagliatissime quanto a eventi, incontri, ricevute ma non c'è prova, sembra, che qui ci sia un caso di corruzione, e il timore è che si voglia ridurre all'angolo un primo ministro che è riuscito a contenere il rischio Iran rovesciando la situazione, che ha ormai ottimi rapporti col mondo arabo sunnita e gran parte del globo, che ha portato economia e tecnologia ai primi posti nel mondo. Proprio a 40 giorni dalle elezioni mentre, prima che la richiesta di Mandelblit sia accolta, devono passare mesi.

Intanto Israele ha un nuovo anche se consueto guaio: il solito Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu, che gli Usa hanno lasciato proprio per il suo inveterato odio contro Israele (negli ultimi 12 anni fra le 311 risoluzioni specifiche 76 sono

contro Israele, e solo 27 accusano la Siria) ha comunicato i risultati di una cosiddetta indagine: una commissione composta da noti funzionari antisraeliani indaga per sapere se Israele abbia commesso crimini di guerra a Gaza.

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