Il bluff di Putin sul grano

Restano 20 giorni per evitare la catastrofe alimentare. L’offerta dello Zar è una trappola. E serve soltanto per ribaltare sull’Occidente le accuse di affamare un terzo del pianeta

Il bluff di Putin sul grano

Venti giorni per evitare la catastrofe alimentare. È il messaggio recapitato alle Nazioni Unite da svariati emissari, occidentali quanto africani. Il raccolto che dovrebbe nutrire circa un terzo del mondo è infatti ancora lì, fermo nell'entroterra ucraino o nei tre porti a Odessa, con i mercantili del grano al palo: per le mine disseminate nel Mar Nero in un cruciverba acquatico potenzialmente mortale per le imbarcazioni. E per le esplosioni, che continuano a registrarsi nei pressi della «Perla» ucraina. È l'ennesimo segnale di pressione russa per indebolire l'idea abbozzata all'Onu (far salpare navi dalle coste ucraine con guardaspalle militari occidentali) affinché quella via venga abbandonata per il rischio di un «incidente» che innescherebbe una guerra di più vasta scala.

Il traffico del grano, stando alle condizioni del Cremlino, dovrebbe quindi restare sotto il controllo russo. In ostaggio. O via rotaia dalla Bielorussia (a patto che l'Occidente rimuova le sanzioni all'alleato di Mosca); o dai porti già occupati e gestiti della Federazione. Quelli di Mariupol e Berdyansk, «offerti» dallo zar per sbloccare l'export, a condizione che siano sminati, rendendo ancora più vulnerabile il territorio ucraino.

Mosca sfrutta già la Penisola annessa nel 2014 come scalo «nazionale» (senza condividerlo con altri). Muove interi pezzi di raccolto ucraino a proprio uso e consumo: «Sta rubando senza vergogna il grano e lo esporta dalla Crimea all'estero, soprattutto in Turchia», è il j'accuse dell'ambasciatore ucraino Vasyl Bodna. Indaga l'Interpol. Ma Putin torna ad additare l'Occidente come solo responsabile della crisi del grano, nel refrain di una realtà parallela raccontata ai russi, e proposta con maggior costanza sui media occidentali: «La situazione peggiorerà perché inglesi e americani sanzionano i nostri fertilizzanti, Russia capro espiatorio per la crisi alimentare», sostiene lo zar. Fatto sta che oltre 20 milioni di tonnellate di grano sono esposte al rischio che marciscano nel giro di un mese o più, se non si trovano soluzioni più efficaci dei trasferimenti via Polonia, fino al Baltico, con un treno al giorno; la rotta che evita cioè di piegarsi al ricatto del duo Putin-Lukashenko.

Gli ostacoli da sormontare sono enormi, anche legati ai tempi di sminamento delle acque di Odessa. Circa due mesi (con l'Italia in prima fila). Washington, ricorda il segretario di Stato americano Blinken, ritiene dunque «possibili rotte alternative per il grano, ancora tutte allo studio». Per sbloccare i cereali, torna centrale Ankara, con lo spiraglio offerto a un'Occidente incagliato, alle prese col ricatto quotidiano del Cremlino. L'incontro previsto l'8 giugno in Turchia tra il ministro degli Esteri russo Lavrov (accompagnato da una delegazione militare) e l'omologo Çavusoglu potrebbe offrire una soluzione logistica: un centro di osservazione delle rotte marittime, dove far passare i cargo, con base a Istanbul. Ma come detto ieri dal portavoce del presidente turco «il trasporto via mare inizierà quanto meno 3-5 settimane dopo».

Memorandum o protocollo che sarà, la lancetta del tempo scorre inesorabile. Quella della diplomazia lenta. Putin, dopo l'incontro a Sochi con Macky Sall, numero uno dell'Unione africana, dice che non c'è «nessun problema» per l'attraversamento delle navi. Ma proprio il ruolo della marina di Mosca è l'irrisolto. Può far da garante al transito cargo nel Mediterraneo? O è l'ennesimo bluff? Per il capo della diplomazia ucraina Kuleba, un'operazione internazionale nel Mar Nero sarebbe anche possibile, ma il Cremlino deve formalmente impegnarsi a non approfittare della situazione attaccando Odessa. Cosa che Mosca continua a fare. Servirebbe una garanzia Onu, e a oggi non c'è. Putin ha pure lanciato l'idea di sfruttare i 4 porti fluviali verso il Danubio. Vetusti e minuscoli, si stima possano garantire non più di 300mila tonnellate al mese. L'alternativa (debole) dell'Ue sono le 13 autostrade che arrivano in Romania, Polonia, Slovacchia e Ungheria. Ma servono al massimo 20mila tonnellate al giorno, contro le 50mila pre-guerra. A terra, in Ucraina, ci sono quasi 30 milioni di tonnellate ferme. E zero silos attrezzati, spiega il vicesindaco di Odessa Oleg Brindak. Cereali stipati in normali magazzini. «Con 32 gradi il tempo di conservazione può arrivare al massimo a 45 giorni».

«Putin deve venire al tavolo», incalza il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. «La Russia deve sbloccare i porti, senza quel grano si rischiano guerre in Africa e colpi di stato». La scelta è tra logoramento post sovietico o un piano percorribile e funzionale.

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