E alé, è andata: fascismo zero, politicamente corretto 1. Ancora una volta la democrazia è salva grazie all'eroina della resistenza toponomastica. No pasaran! L'intrepida Laura Boldrini è piombata ieri alla cerimonia di intitolazione del parco comunale di Latina, nella tana del nemico nazifascista. «Del resto - ha ricordato alla folla dei fan, mentre i fischiatori erano contenuti da un cordone di polizia - sono stata anche a Casal di Principe, dove si pensava che succedesse chissà cosa e invece...». E invece niente: nessun mafioso l'ha insidiata e così anche ieri a Latina non l'ha assalita nemmeno drappello di camice nere. Solo una piccola folla inferocita perché ieri la presidente della Camera è venuta a Latina a fare esattamente ciò che aveva smentito: «Mai detto di voler abbattere i monumenti e i simboli fascisti, è la macchina del fango», è qui la voce le è salita di tono come da istruzioni appuntate su un pugno di fogli in cui il discorso era scandito da penna blu e rossa. E alla fine è davvero cambiato il nome di un luogo simbolo di una città fondata dal regime fascista. La cerimonia di ieri ha infatti sancito il cambio del nome del parco comunale di Latina, da «Arnaldo Mussolini» a «Falcone e Borsellino».
Un delitto perfetto. Con la complicità del sindaco di Latina Damiano Coletta, Laura Boldrini continua così ad alludere con ambiguità alla cancellazione dei simboli fascisti, riesce a farne fuori uno davvero piccolo piccolo, e così fa contenti i suoi fan, il popolo di sinistra più nostalgico e conservatore, ancorato al vecchio mantra dell'anti fascismo, l'unico che ancora potrebbe elargire qualche voto indispensabile a una presidente della Camera in cerca di collocamento. Oltretutto l'obiettivo è ottenuto senza alimentare la tesi scivolosa della demolizione dei simboli del Ventennio. Ufficialmente, spiega Dario Bellini, il capogruppo della lista civica che sostiene Coletta a Latina, «non si può dire nemmeno che sia stato cambiato il nome del parco, perché è stato intestato al fratello di Mussolini solo per pochi anni dal 1938 al 43». Poco dopo anche la città, su pressione degli americani, e per volontà di un podestà particolarmente pronto a cambiare bandiera, mutò nome da Littoria a Latina. Negli anni l'allora sindaco Ajmone Finestra, ex repubblichino, mette nel parco una targa col nome del fratello del duce, ma non cambia l'intitolazione all'anagrafe. Il sindaco attuale, primo non di destra a Latina, dal 1993, coglie l'occasione per un momento di visibilità e per pagare un tributo politico allo sgangherato schieramento politico di Giuliano Pisapia, cui Coletta, dopo aver vinto una battaglia civica, senza colori politici, avrebbe deciso di far approdare il proprio movimento locale. Un parco val bene una messa in piazza Santi Apostoli a Roma, dove il sindaco Coletta compare alla manifestazione di «Campo progressista». La Boldrini ci mette il suo imprimatur. L'aspetto triste colto da alcuni dei contestatori, perquisiti a uno a uno col metal detector come allo stadio mentre urlavano «Littoria, Littoria», è che per ottenere questi microscopici obiettivi di visibilità politica, si usa come paravento la mafia e i 25 anni della morte di Falcone e Borsellino. Boldrini sciorina tutto il suo repertorio, ci mette dentro ovviamente anche la violenza contro le donne, la lotta alla mafia e al fascismo «che è la stessa cosa». Non cita mai Mussolini, ma ricorda che «l'apologia di fascismo è reato». Come se il nome di un parco possa essere roba da codice penale. E allora perché non, ad esempio, il Palazzo M di Latina? E pazienza se Boldrini dimentica che senza il fascismo, Latina, nata nel 1932 dalla bonifica dell'Agro pontino, non esisterebbe.
Nel frattempo si spengono le luci sul parco e il suo prato totalmente secco. Il sindaco, prima di pensare al cambio di nome, si era dimenticato di farlo potare. Il verde, vittima collaterale di un'altra vittoriosa battaglia contro il fascismo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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