Bologna al minimo sindacale Merola salva la faccia al Pd

Nella roccaforte rossa il sindaco uscente respinge l’assalto del centrodestra. Ma preoccupa il calo ai seggi

Bologna al minimo sindacale Merola salva la faccia al Pd

Bologna resta «rossa» pur se scolorita. La Dotta ha scelto di non cambiare. Il ballottaggio ha premiato Virginio Merola, candidato Pd e sindaco uscente che si concede il bis con circa il 54,6% dei voti sul centro destra a trazione Lega di Lucia Borgonzoni, in rimonta, rispetto al primo turno, ma ferma appena al 45,4%. I dati del Viminale, giunti nella notte hanno da subito evidenziato una forbice di oltre 10 punti percentuali fra il sindaco uscente e la sfidante. Terzo incomodo, nella battaglia per palazzo D’Accursio, è il disinteresse degli elettori per le urne. Anche sotto le due Torri l’affluenza è calata, pur non a picco come su scala nazionale. Al primo turno aveva votato il 59,65%, già ben sotto ogni aspettativa, perché, tradotto, significava poco più di 174mila voti su 300mila aventi diritto. Ieri il calo è stato ancora più evidente, fin dai primi rilevamenti. Alle 12 aveva votato il 17,74%, due punti in meno del primo turno (19,91%), poi un lieve crescendo, confermato, a chiusura seggi, quando 159 mila bolognesi (53,3%) hanno scelto di non cambiare. I toni di una campagna altrimenti scolorita all’ombra di San Petronio e piazza Maggiore si sono riaccesi solo negli ultimi 15 giorni. «Sono un sindaco onesto», il proclama, modello base, del sindaco uscente, accompagnato da un libro «rosso» distribuito in città con le mirabilia portate a termine dal 2011 ad oggi. «Prima i bolognesi», gli aveva fatto eco la Borgonzoni che ha sempre contato, nonostante i collettivi bollenti ad ogni sua apparizione, sull’appoggio di Matteo Salvini, in città. Merola, invece, ha rifiutato l’aiuto del premier in queste due settimane, e ha azzerato le sue certezze: il 39% del primo turno era stata una doccia fredda. Per questo ha ingranato il turbo per recuperare e non finire come l’usato sicuro, non più sicuro di vincere. Quindi ha fatto mea culpa sulle periferie trascurate e sul sistema viabilistico di accesso al centro storico, provando a scaricare le colpe sul suo assessore. I primi commenti in casa Pd, al progressivo affluire di dati, nascondono il pericolo scampato: «Eravamo sicuri del risultato».

Eppure Merola, filosofo, ex dipendente di Autostrade e sindacalista Cgil, aveva ribadito che, se non rieletto, sarebbe tornato a lavorare lasciando il campo ad una delle consigliere d’opposizione più agguerrite del suo primo mandato, quella Borgonzoni a cui però quel 22,27% del primo turno non è bastato per far voltare pagina alla città. Lei, 38 anni, pittrice ed interior designer, il cromosoma leghista l’ha ereditato dalla mamma che da sempre la sostiene, al contrario di un padre più tiepido di fronte alla vis politica della figlia. Per colmare i 17 punti che la separavano da Merola si è concentrata sui temi della legalità e della sicurezza: più telecamere in città, lotta agli abusivi, Borgonzoni aveva invitato tutti ad andare a votare cercando l’appoggio degli altri candidati bocciati al primo turno «sulla base di idee comuni». Per questo aveva aperto ai grillini bastonati di Max Bugani (16,58% al primo turno), soprattutto sui temi di ambiente e mobilità. Proprio Bugani è stato uno dei primi a parlare, nella notte, sostenendo che a penalizzare Borgonzoni sia stata proprio la frequente presenza del leader del Carroccio in città.

Sinergie sospese anche con l’altro «separato» in casa Lega, quel Manes Bernardini (10%) che proprio con Merola aveva perso la sfida già allo scorso mandato. Nelle prossime ore verrà il momento di capire quali alleanze hanno funzionato e quali no.

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