Dopo l'operazione del 29 gennaio scorso contro Carlos Bolsonaro, «02» come lo chiamano i media su presunti «servizi paralleli», ieri all'alba la Polizia Federale verdeoro ha fatto deflagrare l'Operazione Tempus Veritatis.
Il nome «l'ora della verità» non è casuale visto che stavolta a finire nel mirino è il papà Jair Bolsonaro in persona, a cui è stato ritirato il passaporto per evitare una eventuale fuga all'estero su ordine del giudice oggi più potente del Brasile, Alexandre de Moraes. Presidente del Supremo Tribunale Elettorale dall'agosto 2022, membro della Corte Suprema, è lui che indaga sull'attacco dell'8 gennaio 2023 ai palazzi della democrazia di Brasilia.
Secondo le sue investigazioni, dopo la sconfitta dell'ottobre 2022 Jair Bolsonaro avrebbe contribuito alla stesura di una bozza di decreto contenente il piano per un presunto golpe in cui si chiedevano nuove elezioni e l'arresto di alte cariche dello stato tra cui due giudici della corte suprema, lo stesso Alexandre de Moraes e Gilmar Mendes, oltre al presidente del Senato, Rodrigo Pacheco. Secondo la Polizia Federale, tuttavia, Bolsonaro avrebbe chiesto che i nomi di Pacheco e Gilmar fossero poi cancellati dal testo, ma che quello di Moraes fosse mantenuto.
L'inchiesta afferma che ci sarebbe stato un nucleo di intelligence legato a Bolsonaro che avrebbe monitorato i movimenti delle autorità, a cominciare dallo stesso Moraes, che doveva essere arrestato il 18 dicembre 2022 nella sua residenza a San Paolo. È dunque lo stesso giudice vittima del presunto complotto bolsonarista a condurre tutte le indagini e a firmare i mandati di perquisizioni e di arresto connessi al «golpe». Così come suoi sono tutti gli omissis su un altro processo che fa discutere, quello sulle «Fake News» iniziato dallo stesso Moraes nel 2019.
Se al momento in cui andiamo in stampa Jair Bolsonaro non è stato arrestato, sono invece finiti in manette il suo ex consigliere speciale Felipe Martins e il colonnello dell'esercito Marcelo Câmara, già menzionato nell'inchiesta sui gioielli sauditi ricevuti dall'ex capo di stato brasiliano. Ma soprattutto, ieri in galera è finito anche Valdemar Costa Neto, il presidente del partito Liberale di Bolsonaro. L'accusa contro di lui? Porto abusivo di armi, anche se Costa Neto è anche investigato per aver usato i soldi del partito per legittimare le manifestazioni dei bolsonaristi che contestavano la vittoria di Lula.
L'inchiesta della Polizia Federale sottolinea anche che l'allora generale/ministro Braga Netto avrebbe avuto un «ruolo forte, anche nelle misure volte ad attaccare membri delle Forze Armate che non erano in linea con i tentativi di colpo di stato». I messaggi riprodotti dal suo WhatsApp indicano forti pressioni sul generale Freire Gomes. Un altro estratto dell'inchiesta evidenzia la partecipazione dell'ex ministro/generale Augusto Heleno ad un «nucleo parallelo di intelligence».
«Il fatto concreto - ha commentato ieri Lula - è che c'è stato un tentativo di golpe, c'è stato il disprezzo nei confronti della democrazia.
Queste persone devono essere investigate, noi vogliamo sapere chi ha finanziato, chi ha pagato, perché non si permetta mai più quello che è accaduto quell'8 di gennaio». Bolsonaro è già stato dichiarato ineleggibile fino al 2030 dalla giustizia elettorale e il suo partito vede scemare la possibilità di un recupero alle amministrative del prossimo ottobre.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.