A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. E se dopo aver chiuso il reparto di un ospedale, ti ravvedi a pochi mesi dalle elezioni e lo riapri due giorni prima del voto, il dubbio che si tratti di una mossa elettorale è legittimo. In Emilia Romagna, mentre i media si concentrano sugli effetti nazionali delle urne, i cittadini ascoltano quel che i due candidati han da dire. Si parla di nomadi, case popolari, burocrazia e, soprattutto, sanità. Tasto dolente, questo. Già, perché parte dello scontro destra-sinistra si è giocato sui punti nascita di montagna, i reparti che la giunta Bonaccini chiuse durante l'ultimo mandato per poi cambiare idea poco tempo fa. Ieri il governatore ha predisposto un "protocollo sperimentale" per dare il via ad una riapertura "su base volontaria" delle sale parto. Detta così, è una notizia bomba.
La storia inizia nel 2014. In tre anni chiudono i punti nascita di Alto Reno Terme (Bologna), Castelnuovo ne’ Monti (Reggio Emilia), Pavullo (Modena) e Borgo Val di Taro (Parma). È la giunta Bonaccini, in tre casi su quattro, a scrivere i titoli di coda. La "colpa" viene data all'accordo Stato-Regioni che prevede la chiusura delle sale parto che realizzano meno di 500 parti all'anno. Questioni di sicurezza. In realtà esisteva la possibilità di ottenere una deroga per quei presidi situati in zone con "condizioni geografiche" particolari, come nel caso emiliano. La Regione aveva chiesto un "parere" al Comitato Percorso Nascita (come previsto dalla legge) ottenendo, però, responso negativo. E così aveva dato indicazione di "sospendere le attività" sulla base delle indicazioni ricevute da Roma.
I comitati di cittadini (e le opposizioni) hanno sempre contestato la decisione, facendo leva sul fatto che il parere sarebbe solo "consultivo". Inoltre l'allora ministro Lorenzin disse che il ministero "non può imporre nulla". Ma Bonaccini e la giunta hanno sempre rivendicato quanto fatto: "Fra qualche anno - diceva convinto l'assessore Sergio Venturi - quando saremo tutti più calmi, ce lo riconoscerete". Poi però qualcosa è cambiato. A un anno dal voto il governatore inizia a dirsi disponibile a riaprire le sale parto. Ne parla con Giulia Grillo, poi col nuovo ministro Speranza. Pochi giorni fa la svolta: Bonaccini annuncia che nel Patto per la Salute firmato a fine dicembre è prevista la "revisione del decreto ministeriale 70 per la disciplina dei punti nascita". Insomma: "Li riapriremo". Secondo il governatore, infatti, sarebbe proprio quel decreto e i suoi parametri ad aver costretto alla chiusura. In realtà, come rivelato dal Giornale.it, nel Patto per la salute si parla solo di una generica revisione degli standard dell'assistenza ospedaliera e non si fa mai menzione diretta dei punti nascita. Ma tant'è.
In attesa che le "commissioni tecniche" si riuniscano per rivedere il benedetto decreto 70, Bonaccini si è mosso in anticipo. Ieri sera infatti ha incontrato i sindaci dei Comuni interessati e alla fine ha "predisposto un protocollo sperimentale" per permettere "a un largo campione di donne, su base volontaria, di partorire nei quattro punti nascita di montagna". Potranno accedere solo mamme "senza precedenti di gravidanze complicate, gravidanze a rischio, complicanze post partum materno-infantili, con gravidanze fisiologiche fino al termine e controlli in gravidanza espletati". I paletti sono stringenti, serviranno a "garantire la sicurezza". Ma intanto il comunicato stampa e il post sui social si possono fare: le sale parto riaprono. "Vogliamo dare un segnale immediato”, sorride radioso Bonaccini. Ma appare una mossa disperata.
La notizia infatti irrompe sul voto, a 48 ore dall'apertura delle urne. Le opposizioni parlano di "spot elettorale". "Chiediamo da anni che vengano riaperti i punti nascita – attacca la deputata emiliana di Forza Italia, Benedetta Fiorini – Bonaccini nel corso del suo mandato da presidente di Regione li ha chiusi e adesso, a un giorno dalla fine della campagna elettorale, fa finta di volerli riaprire. Vergogna!". Peraltro nulla è ancora scritto sulla pietra.
Al "protocollo" firmato ieri, infatti, il ministero dovrà rispondere entro 60 giorni. "Nel giro di due o tre mesi potranno riaprire", spiega Bonaccini a Repubblica. Chi vivrà, vedrà. Intanto, però, il sasso elettorale è stato lanciato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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