BerlinoÈ stato il cardine dell'accordo di Große Koalition e, a un anno dall'avvio del terzo governo di Angela Merkel, la riforma delle pensioni torna a fare notizia. Voluta dai socialdemocratici (Spd) ma votata anche dai cristiano democratici (Cdu), la nuova legge prevede che i lavoratori che a 63 anni abbiano già maturato 45 anni di contributi possano andare in pensione. La riforma Nahles, dal nome della ministra del Lavoro che l'ha portata in Parlamento, è entrata in vigore lo scorso luglio: oggi se ne cominciano a vedere gli effetti. «I costi della riforma sono già superiori alle attese», scrive Die Welt . «Il numero delle domande è superiore alle previsioni», le fa eco Der Spiegel . A quanto sembra, gli esperti ingaggiati dalla ministra hanno fatto male i loro conti e la Deutsche Rentenversicherung dovrà pagare 1,5 miliardi già quest'anno e 3 dal 2015 contro i 900 milioni delle prime analisi. Al di là dell'errore, non si capisce come il governo della cancelliera, paladino dell'austerità e dei conti in ordine nel resto d'Europa, abbia potuto dare vita a una legge tanto dispendiosa. La verità è che la legge Nahles è frutto di uno scambio politico. Fedele alla tradizione dei popolari europei, la Cdu voleva premiare le mamme tedesche. Dal canto suo, dopo aver perso tre elezioni di fila a causa delle riforme volute dall'ex Cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder, l'Spd voleva finalmente gratificare il proprio elettorato. La quadra è stata trovata con una legge che sì, concede la pensione ad alcune centinaia di migliaia di lavoratori (come per esempio gli ex operai entrati in fabbrica ancora imberbi), ma che prevede anche un mega-esborso con un aumento di 28 euro mensili a ben 9,5 milioni di madri. Cifre da capogiro: si parla di oltre 4 miliardi di euro per il 2014 e di ben 160 miliardi da qua al 2030.
A fare notizia in queste ore è tuttavia l'abbassamento dell'età pensionabile, anche questo un provvedimento in controtendenza rispetto al resto del Continente. «A onor del vero va ricordato che la Germania è stato il primo Paese dell'Ue a innalzare l'età pensionabile a quota 67», ricorda Irwin Collier, direttore dell'Istituto di Economia della Freie Universität di Berlino. «Ed è altrettanto vero che la Repubblica federale si può permettere il salasso visto che le casse della Deutsche Rentenversicherung sono belle piene». «Di certo - prosegue - si è trattato di un regalo della politica, e in questo il governo tedesco non è né migliore né diverso rispetto a quello italiano o statunitense». Il numero dei baby-boomer che avranno diritto alla pensione anticipata dovrebbe stabilizzarsi sulle 350-400 mila unità l'anno. «Ed è anche giusto risarcire chi ha cominciato giovanissimo a lavorare magari alla catena di montaggio». Quanto invece alla più generalizzata distribuzione di denaro pubblico, «dubito che questo sia il modo più efficiente di trasferire la ricchezza. Forse sarebbe stato più produttivo sul lungo termine rimettere in sesto la rete autostradale dell'ovest».
A parziale consolazione dell'osservatore dell'Europa meridionale chiamato a stringere la cinghia da una Repubblica federale più generosa con i propri cittadini, Collier conclude: «Sebbene non pesi sul bilancio dello Stato ma sulle casse della previdenza, almeno questo è un segnale di discontinuità con la linea del ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble e la sua maniacale ossessione per i conti in ordine. Speriamo allora che i soldi in più che i tedeschi hanno in tasca possano stimolare anche i mercati del sud».
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