C 'è chi per fare la grana in Borsa deve affidarsi ai rumors, chi si deve appoggiare sui consigli del proprio broker. E c'è chi invece ha la possibilità di andare a parlare direttamente alla fonte, in quelle sacrestie dove le sorti del Paese e dell'economia vengono disegnate. Carlo De Benedetti ebbe questa fortuna, nel 2015, e si portò a casa senza muovere un dito seicentomila euro. Ne nacque una inchiesta della Procura di Roma, anche perché nelle telefonate con il proprio agente, l'Ingegnere faceva incautamente il nome di chi gli aveva fatto la soffiata sull'imminente decreto sul riassetto delle banche popolari: ed era una fonte quanto mai autorevole, trattandosi del presidente del Consiglio Matteo Renzi. L'agente comprò e vendette, e Carlo si mise in tasca il gruzzolo.
L'inchiesta della Procura di Roma è finita in nulla: a essere indagato per insider trading è stato solo l'agente, Gianluca Bolengo, per il quale il procuratore Giuseppe Pignatone e il procuratore aggiunto Stefano Pesci hanno chiesto l'archiviazione. Il giudice preliminare, a dire il vero, non era per niente d'accordo, e ordinò alla Procura di fare l'imputazione coatta. Sarebbe stato un processo interessante: perché almeno come testimoni sarebbero dovuti venire i due amici, Renzi e De Benedetti, e spiegare il perché di quella preziosa confidenza sull'imminente decreto di riassetto delle banche. Ma in udienza preliminare Pesci tornò a chiedere l'archiviazione, sostenendo che le dritte del premier all'Ingegnere non erano materiale price sensitive. E quella volta il giudice fu d'accordo.
Di poter bussare alla porta degli uomini delle istituzioni, di essere loro amico e confidente, Carlo De Benedetti d'altronde non ha mai fatto mistero. Come rimproverare un uomo d'affari se da quelle chiacchiere coglie poi impressioni, previsioni, scenari da mettere a frutto? Fu lui stesso, spensieratamente, a rendere noto di avere incontrato nella propria casa in Svizzera Mario Monti, allora semplice retore della Bocconi, nell'agosto 2011: «Fu allora che mi disse che era possibile che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano gli avrebbe chiesto di diventare presidente del Consiglio e mi chiese consiglio», raccontò l'Ingegnere, tutto contento di potersi attribuire un ruolo nella cacciata dal governo dell'odiato Berlusconi. E ancora più contento, forse, di autoindicarsi in quel giro di poteri forti da cui non si è mai davvero sentito accettato.
Lo stesso giochino aveva cercato di farlo in Francia, accreditandosi alla corte di Mitterrand: ma lì i poteri forti sono forti davvero, e l'Ingegnere uscì con le ossa rotte dal tentativo di assaltare la Société Générale e dall'affare Valeo. Così De Benedetti è riparato in patria, dove qualcuno in grado di dargli la soffiata giusta lo trova sempre.
Accadde con Renzi e le Popolari, accadde nel 1997 sul titolo Olivetti, quando chiese di patteggiare una condanna per insider trading, è accaduto persino a sua moglie Slvia Cornacchia, e a sua cognata Renata, finite sanzionate dalla Consob per le manovre sulla Cdb WebTech, la sfortunata startup tecnologica dell'Ingegnere.
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