RomaNon si era mai vista, forse, tanta esultanza esibita da parte dei ministri dello stesso governo. Segno inequivocabile che per restar sul carro renziano occorre sempre stare al passo, tenere le mani giunte e batterle fragorosamente appena si può (e deve). Non è importante esser ministri in carica o no, basti osservare un «ex» in cerca di riabilitazione: Maurizio Lupi. Un profluvio di incontenibile felicità per i soldi destinati alla famiglia pari solo alle genuflessioni giaculatorie del segretario Alfano, impegnato a conquistarsi un posticino al sole prima che il premier mandi tutti alle urne.
Già. L'impressione generale sulle misure varate dal governo porta difilato a un esito elettorale. Che si tratti di un anticipo delle Politiche, o semplicemente d'un trampolino per vincere le Amministrative di primavera (al voto ci sono le prime metropoli del Paese: Roma, Milano e Napoli) e il referendum confermativo della riforma. Renzi non bada a spese. Per dirla con i contro-tweet di Renato Brunetta: «Ha fatto una televendita, meglio di Wanna Marchi. Ha dato tutto a tutti, senza una sola indicazione di coperture. Chi vuol prendere in giro? Spudorato! Ma con che faccia Padoan assiste alle balle di Renzi?». Giorgia Meloni condensa in un soprannome perfetto la performance renziana: «È Matteo do Nascimiento ... abbiamo già visto queste sue splendide slide in cui sembrava facesse cose straordinarie e poi abbiamo scoperto che c'era la sola » ( sòla alla romana, nel senso di fregatura, e do Nascimiento alla brasiliana, santone tv inventato dalla Marchi, sòla uguale - ndr ).
Il giudizio del capogruppo forzista alla Camera non lascia adito a dubbi: «Sono le solite balle. Copia Berlusconi senza coperture, fa il berluschino su abolizione delle tasse sulla prima casa, senza pudore, senza vergogna. Basta propaganda. Mattarella e Franco, ragioniere generale dello Stato, dicano qualcosa». Anche Salvini è scandalizzato per lo scopiazzamento di misure di centrodestra, senza «aver trovato i soldi per l'abolizione dell'infame legge Fornero». L'ispirazione elettoralistica, nonché berlusconiana per alcune misure, non sfugge a Sel, che parla apertamente di «operazione elettorale», e a Stefano Fassina che invoca: «Renzi, Basta palle!». Giudizi prudenti, nonostante la comune appartenenza pidì, dal presidente della Conferenza Stato-Regioni, Chiamparino.
Dai Cinquestelle un surplus di diffidenza, che il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio sintetizza alla Renzi: «Italia
con un segno più. + slogan, + annunci, + balle». Voto complessivo trasfigurato dalla Cgil, che attende il testo vero per esprimere un giudizio compiuto. Dalla conferenza stampa, dice, per ora emerge una manovra «da 4 meno».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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