C'è anche la tavola nel balzo del Pil

Export record a 70 miliardi. Scordamaglia: "Allerta sulle big del cibo spazzatura"

C'è anche la tavola nel balzo del Pil
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C'è una locomotiva che non conosce soste a trainare la crescita del Pil italiano: a fine 2024, infatti, il settore agroalimentare ha raggiunto esportazioni record a quota 70 miliardi di euro, un valore in crescita dell'8,6% rispetto all'anno precedente contro un export generale del Paese che nello stesso anno ha conosciuto un calo dello 0,7 per cento. Bene anche il dato sulla produzione alimentare, che nell'anno appena concluso è cresciuta dell'1,7% contro un segno negativo della produzione manifatturiera generale (-3,3%). Questi sono alcuni dei dati anticipati a Il Giornale da Filiera Italia, fondazione nata per iniziativa di Coldiretti che promuove il sistema agroalimentare del Paese. «Sono numeri che evidenziano come il comparto agroalimentare italiano rimane in controtendenza positiva, su uno scenario nazionale dove la generazione di ricchezza deriva dai servizi, con l'apporto del turismo, più che dalla manifattura», ha commentato l'amministratore delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia (in foto). «Il nostro Paese, tuttavia, ha bisogno dell'apporto dell'industria e, in questo, la produzione agroalimentare ha dato e continuerà a dare il suo contributo».

Per Filiera Italia, infatti, il 2025 vedrà ancora risultati positivi con una produzione alimentare prevista crescere dell'1,3% contro una manifatturiera generale ancora in affanno (-1%). Buone notizie anche sul fronte dell'export che, pur con l'incognita dazi, dovrebbe consolidare il settore in crescita (+7,1%) raggiungendo ulteriori nuovi record (a fronte di un export manifatturiero italiano generale previsto intorno ad una crescita massima dell'1,5%). Un dato incoraggiante per 700mila aziende agricole ed una filiera che complessivamente dall'agricoltura alla ristorazione impiega 4 milioni di addetti.

Guardando i numeri in filigrana, le maggiori criticità arrivano dal mercato interno che evidenzia consumi quanto meno incerti: negli ultimi tre anni, infatti, c'è stato un forte calo del 9% dei consumi alimentari. Per il nuovo anno ci si attende una lieve ripresa, trainata dall'aumento dell'occupazione che tuttavia è più legata ai servizi rispetto al settore manifatturiero che tradizionalmente genera salari più alti. «È stata positiva, da parte del governo, la riduzione del cuneo fiscale», osserva Scordamaglia, «pur consapevoli di un contesto di risorse limitate, anche in futuro crediamo che ogni risorsa recuperata dovrebbe essere indirizzata al sostegno del potere d'acquisto delle fasce più deboli. Questa pensiamo sarà la vera sfida». Anche perché, è opinione di Scordamaglia, il rischio è che le famiglie siano costrette a ricorrere giocoforza ad alimenti ultra-processati ricchi di chimica e meno salutari di alcune grandi multinazionali. «Il contrasto alla disuguaglianza alimentare sarà per tutti una priorità del 2025. Una disuguaglianza esemplificata dagli oltre 3,1 milioni di cittadini in povertà alimentare assoluta», osserva il numero uno di Filiera Italia, «il consumo di alimenti con sempre più ingredienti chimici e sintetici alimenta il drammatico incremento di obesità (prossimo al 30% nei bambini) e di conseguenti patologie metaboliche croniche che se non prevenute con una sana alimentazione faranno implodere il nostro Sistema Sanitario Nazionale. Ci vorrà su questo l'impegno di tutti per evitare che possenti azioni di marketing di multinazionali di snack artificiali, merendine con ingredienti non naturali, prodotti sintetici allontanino i consumatori dalle nostre eccellenze». Restano irrisolte alcune questioni, come i compensi lungo la filiera produttiva: oggi su 100 euro spese dal consumatore poco più di un euro va all'agricoltore, soltanto 2,2 all'industria e oltre 13,5 euro vanno al commercio e ai trasporti. Una problema che secondo Filiera Italia si risolve puntando su «accordi di filiera più stretti» e «una lotta sempre più dura alle pratiche commerciali sleali».

Un altro fronte aperto è quello europeo, dove la filiera agroalimentare ha richieste ben precise per la presidente della Commissione Ursula von der Leyen: «Servono accordi internazionali basati sulla reciprocità delle regole», afferma Scordamaglia, «mentre con l'accordo Mercosur si fa esattamente il contrario, in un'intesa commerciale geopoliticamente importante, ma il cui costo non può ricadere solo sugli agricoltori aprendo le porte a carni ottenute con l'impiego di prodotti da noi vietati».

Si chiede, infine, una rivisitazione della Politica agricola comune che premi «solo i veri agricoltori, aumentando gli aiuti diretti e limitandoli solo a chi produce» e non incentivando altri modelli che mettono sullo stesso piano «un ettaro di pascolo irlandese con uno di ortofrutta o di vite in Italia».

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