La caccia all'ebreo? «È la disfatta culturale dell'Occidente». Il giornalista Pierluigi Battista, autore del volume «La nuova caccia all'ebreo», in libreria dal 18 settembre per Liberilibri, consegna al Giornale parole chiare su quanto accaduto ad Amsterdam tra giovedì e venerdì, dopo la partita tra Ajax e Maccabi Tel Aviv, con un vero e proprio pogrom ai danni degli israeliani da parte di bande filo-palestinesi.
Il libro si intitola «La nuova caccia all'ebreo» ed è uscito un mese e mezzo fa. Oggi i titoli di giornale parlano proprio di «caccia all'ebreo» ad Amsterdam. Profetico.
«Io parlo di nuova caccia all'ebreo perché non stiamo assistendo a una riproposizione del vecchio antisemitismo, ma a una nuova forma di antisemitismo, che non è né quello di tipo cristiano, che indica nel popolo ebraico il popolo deicida, né quello nazista, cioè biologico. Il nuovo antisemitismo si identifica pienamente con l'antisionismo e con l'idea che gli ebrei siano un popolo usurpatore e colonialista. Questo non è l'antisemitismo di estrema destra, questi non sono estranei al mondo democratico. Un po' come negli anni '70, quando si parlava di Brigate Rosse, quando Rossana Rossanda, pur condannandoli, scrisse avverto nel loro modo di parlare qualcosa che mi ricorda l'album di famiglia. In questo caso, l'album di famiglia è l'anti imperialismo e l'anticolonialismo, cucinato nella nuova ideologia woke».
Amsterdam è solo la punta dell'iceberg.
«Dal 7 ottobre gli episodi di antisemitismo si sono moltiplicati e ho cercato di raccoglierne il più possibile nel mio libro. Ad esempio, a fine ottobre dell'anno scorso, in un aeroporto del Daghestan (regione russa a maggioranza musulmana ndr) è avvenuto che è atterrato un aereo della El Al, compagnia di bandiera israeliana, e quando i passeggeri sono scesi, gli ebrei sono stati inseguiti da una folla di persone e sono stati costretti a rinchiudersi nei bagni. Ma ci sono tanti altri esempi. Ci sono stati i cartelli con la scritta gas the Jews, in Francia hanno stuprato una ragazza perché ebrea, un'altra non è stata fatta entrare all'Università Sciences Po di Parigi. A Torino una studentessa ha raccontato che gli studenti ebrei hanno paura a entrare in aula con la kippah. A Barcellona una parrucchiera si è rifiutata di fare i capelli a una cliente ebrea. A una manifestazione femminista è stata allontanata una donna con un cartello che ricordava gli stupri di massa del 7 ottobre. Agli intellettuali che ogni due per tre parlano di pericolo del ritorno degli anni 30, dico che questi sono gli anni 30».
Tornando all'Olanda, sono subito partiti i distinguo, si è parlato dei cori contro i palestinesi che sarebbero stati intonati dai tifosi israeliani. Una reazione condizionata?
«Amsterdam è stata una vera e propria caccia all'ebreo. In alcuni filmati si vede una persona in ginocchio dire io non sono ebreo. Era tutto organizzato da giorni, si erano dati appuntamento su Telegram, poi di notte è partita la caccia. Alcuni sono stati costretti a dire Free Palestine, sono stati chiesti i documenti. Certo, hanno strappato una bandiera della Palestina, ma è chiaro che c'è una sproporzione con quanto accaduto agli israeliani. Sicuramente l'episodio non è da derubricare a scontri tra ultras, di certo non sono le tifoserie organizzate dell'Ajax, che è invece considerata la squadra ebraica di Amsterdam, un po' come il Tottenham a Londra».
La massiccia presenza di immigrati islamici in molte città contribuisce a questo clima?
«Ad Amsterdam si è trattato, in maggioranza, di giovani islamici di seconda generazione, più radicalizzati dei loro genitori.
E questo avviene anche in Francia, in Belgio. La rivendicazione di uno Stato palestinese non c'entra, loro vogliono fare la Jihad per la distruzione dello Stato ebraico. La Jihad si fa ad Amsterdam, come a Tel Aviv e Gerusalemme».
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