Nel laboratori dei due soggetti del bipolarismo italiano, la coalizione di centro-destra e il cantiere del «campo largo», c'è un elemento che salta subito agli occhi e che nel tempo potrebbe rivelarsi decisivo: mentre il «centro» della coalizione di governo si amplia e si articola in maniera efficace tra una Forza Italia che riprende consensi e una formazione più piccola, Noi moderati, che organizza il ritorno del figliol prodigo di turno, sull'altro versante l'area centrale dello schieramento d'opposizione continua ad essere divisa in tre tronconi (Azione, Italia Viva, +Europa) in collisione tra loro. E questa condizione già oggi li rende inermi di fronte all'atteggiamento suicida di un Giuseppe Conte che blaterando di coerenza (lui che ha governato in quattro anni con la Lega, il suo opposto cioè il Pd e con Draghi) pone dei «veti» su Renzi, sulla politica sull'Ucraina e su altro, con l'ambizione e di esercitare una sorta di egemonia sul campo largo. Dimenticando che una sinistra priva di un'alleanza con un soggetto di «centro» (ed è demente già solo pensare che i 5stelle possano esercitare siffatto ruolo) non ha mai vinto: basta pensare alle esperienze di Sanders negli Usa, a Corbyn in Inghilterra e allo stesso Jean-Luis Melenchon che senza un'alleanza sia pure strumentale con i centristi di Macron avrebbe aperto la strada al governo di Marie Le Pen in Francia.
La prima che dovrebbe essere interessata ad operare per mettere insieme tutte le anime del centro del centro-sinistra dovrebbe essere Elly Schlein. La quale in realtà ci sta provando, ma per essere un centro competitivo deve superare le divisioni attuali, creare un a formazione che possa ambire per lo meno al 5-7%: la politica è come la fisica, più sei grande e più aumenta la tua forza di attrazione. E più sei grande e più riesci a contenere culture e posizioni diverse, anche di chi come Marco Tarquinio, ad esempio, da moderato propugna un pacifismo disarmato. La Dc docet.
Ora è difficile mettere insieme due personaggi con l'ego di Calenda e Renzi visto che il primo allo specchio immagina di essere Napoleone e l'altro Giulio Cesare. Nel contempo, però, un «centro» che abbia appeal ha bisogno di entrambi visto che nel vivaio moderato che guarda a sinistra non c'è altro.
Da qui la necessità che mettere in piedi un soggetto magari guidato da un Papa straniero. Qualcuno che possa, in concorso con i due dioscuri, ridare smalto ad un'area riformista che appare appannata complice anche il fatto che per togliere spazio al movimento 5stelle la Schlein ha spostato il baricentro del Pd a sinistra. Una nuova Margherita che raccolga l'area riformista e controbilanci Conte e la sinistra estrema e renda più digeribile a un'area moderata uno schieramento che ha al suo interno personaggi come la Salis. Senza un'operazione del genere il campo largo - Conte può dire ciò che vuole - non ha chance. Ora il primo nome che viene in mente è un ex-capo di governo come Paolo Gentiloni. Solo che proprio perché la scelta appare scontata rischia di essere poco efficace. Magari sarebbe meglio un personaggio che su temi come la sicurezza, la politica estera, le esigenze del ceto medio sia capace di raccogliere l'elettorato di mezzo. Che abbia la «verve» per polemizzare con i grillini ma anche con la Meloni.
Che sia un uomo del Sud visito che l'apposizione punta molto per risalire la china sul referendum sull'autonomia differenziata. E là dentro si ragiona sull'ex-sindaco di Bari, Antonio De Caro, ma ancor di più sul governatore della Campania, Vincenzo De Luca (foto), come campione di una sorta di populismo moderato.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.