“È arrivata la piastrina. Pensare che era appesa al collo dello zio durante la campagna di Russia mi fa rimanere senza fiato. Una grande emozione che ti riporta indietro nel tempo” racconta al Giornale Elisabetta Timossi, che ci aveva raccontato la storia del parente alpino disperso sul Don nell’inchiesta pubblicata lunedì. Lo stesso giorno è arrivata dalla Russia la piastrina di identificazione di Carmelo Timossi del 1° Reggimento alpini, classe 1921, mai più tornato a casa a Serra Riccò, in provincia di Genova dove vive ancora la nipote. “Lo zio era il più grande di tre fratelli di una famiglia contadina. È partito giovanissimo, non aveva neanche 19 anni e non abbiamo mai saputo nulla” racconta Elisabetta. Grazie all’Associazione nazionale alpini di Genova e un collezionista russo, che ha donato la piastrina, è come se una parte dell’alpino fosse tornata finalmente a casa.
La nipote ci ha inviato la foto, poi tratteggiata a colori, che i suoi genitori tenevano in camera da letto. È l’ultima lettera del disperso del 21 ottobre 1942. “Dove mi trovo fa molto freddo e non so come ripararmi - scriveva - Sono da 20 giorni in ospedale e non ho ancora visto una lettera da casa”. Nella missiva sosteneva di essere malato, ma probabilmente era rimasto ferito. “Spero che presto sarà tutto finito così arriverà il giorno di tornare di nuovo da voi - scriveva Timossi a una parente - Mi raccomando non fate sapere niente ai miei che sono ammalato”. Da allora è stato ingoiato per sempre nella tragica ritirata di Russia.
Dopo la pubblicazione dell’inchiesta sulle piastrine dei nostri dispersi riemerse dalle steppe, in tanti ci hanno scritto per chiedere notizie dei loro cari. Oppure per condannare o comprendere la vendita in rete dell’ultimo ricordo di un caduto. Non solo: i reduci di Russia hanno rivelato di “avere scoperto due fosse comuni di soldati italiani, che andremo a scavare per la riesumazione dopo l’inverno e il disgelo”.
Simona Podavini, sperando che fra le piastrine ritrovate ci sia anche quella del bisnonno, ha scritto: “Sono la nipote di Franceschini Pietro disperso nella guerra in Russia del corpo degli Alpini”. Nino Airaghi chiede notizie del “primo cugino Buttarelli Andrea classe 1922” che “risulta sepolto in fossa comune campo 56 (di prigionia ad Uciostoje nda) - data 17.02.1943”. Aldo Amighetti, orfano di guerra, cerca la piastrina del padre, Antonio, capitano di artiglieria di Lovere, in provincia di Bergamo. Ufficiale della divisione Pasubio è rimasto ferito e disperso nella furiosa battaglia di Arbuzovka fra il 23 e 25 dicembre del 1942 per non abbandonare i suoi soldati.
Fra le 11 piastrine che erano in vendita a 1000 dollari sul sito specializzato russo, Stalingrad front, il Giornale ha trovato il bisnipote di Emiro Giavon, friulano di Codoripo, del 9° reggimento alpini disperso nel 1943. “In famiglia tutti avevano fatto il militare. Io sono l’eccezione perché ho scelto l’obiezione di coscienza. Una mezza rivolta dei miei, che ricordavano il nostro disperso in Russia” racconta Paolo Veronesi bisnipote dell’alpino Giavon.
Gianni Periz da Vicenza sottolinea che “negli ultimi anni più volte abbiamo denunciato l’inutile mercificazione dei “piastrini “ e ricordato che sono circa 33000 i resti dei soldati italiani rientrati in Patria (altre fonti parlano di soli 10mila nda) mentre rimangono ancora in Russia circa 60000 caduti e dispersi (80-85mila secondo altre stime nda)” di tutte le armi.
Francesco Chiarizia di Roma ha comprato per 150 € la piastrina di riconoscimento di un disperso, Giuseppe Cavelleri partito da Vado Ligure in provincia di Savona. "Ho trovato eticamente deplorevole la richiesta di denaro per un oggetto così delicato e carico di significato - spiega al Giornale - Ma il cimelio andava comunque riportato a casa”. Cavelleri era un giovane alpino del primo reggimento, che risulta disperso in combattimento nel 1943. Chiarizia ha rintracciato il figlio ed il nipote per “riconsegnare quanto apparteneva al loro antenato che donò la giovane vita per la Patria. Dopo più di settant’anni posso orgogliosamente dire che, seppure solo idealmente, anche l’alpino Cavalleri è tornato a casa”.
Anche Danilo Dolcini con la sua pagina facebook “Un italiano in Russia” cerca tracce “di un esercito mai più tornato” nei viaggi fra le steppe.
Sulle piastrine, se comprarle e come farle tornare in patria il mondo dell’associazionismo alpino e dei riduci di Russia ha opinioni discordanti. Il pezzo di latta, che però ha un valore simbolico e affettivo enorme, è formalmente proprietà del ministero della Difesa. Gianbeppe Noero aprendo il canale con un collezionista russo che non vuole soldi, ma la consegna diretta alla famiglia dei dispersi, ne sta raccogliendo una cinquantina. La sezione dell’Associazione nazionale alpini di Cuneo scrive al Giornale che “non è più il referente del Centro Studi” dal 2 luglio. Noero spiega di far parte din un altro Centro studi a Ceva. E tira dritto sulle piastrine: “Il 3 ottobre a Casale Monferrato si riuniranno i rappresentanti del primo raggruppamento che comprende Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria e Francia. Discuteremo anche del recupero e consegna delle piastrine. Non faccio distinzioni politiche o di reparto e cerco i familiari in tutta Italia”.
L’Unirr, Unione nazionale italiana reduci di Russia, ha idee diverse sul canale dei collezionisti o cercatori russi con il metal detector. “Se per avere la piastrina, ne rimanesse priva la salma che così sarebbe non più identificabile i parenti la vorrebbero ugualmente?” si chiede Silvio Cherio della sezione di Torino, che si reputa “fortunato”. Il padre e lo zio sono rientrati miracolosamente dalla campagna di Russia.
Il presidente ad interim dell’Unirr, Giovanni Soncelli, spiega al Giornale che “abbiamo deciso di donare le piastrine ritrovate ai musei e consegnare ai parenti una pergamena con una foto”. Il 26 gennaio, anniversario dell’epica battaglia di Nikolajevka lo hanno fatto con 4 piastrine al museo della campagna di Russia e sacrario di Cargnacco in Friuli-Venezia Giulia.
“Bisogna interrompere questo commercio inaccettabile delle piastrine”sottolinea Soncelli, che rivela una scoperta ben più importante. L’Unirr è accreditato presso l’equivalente ente russo di Onor caduti in Italia, che si occupa dei dispersi in guerra. “L’anno scorso abbiamo mandato dei ricercatori in Russia, che hanno eseguito dei sondaggi trovando due fosse comuni di soldati italiani nell’area di Arbuzovka” spiega il presidente. La famigerata “valle della morte” dove nel dicembre 1942 sono caduti o finiti in prigionia 10mila italiani, soprattutto della divisione Pasubio.
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