«Sono nata pochi mesi dopo l'ultima cartolina dal fronte russo di mio padre Giovanni del Natale 1942. Doveva venire a casa in licenza, ma erano state revocate per l'offensiva sovietica, che provocherà la tragica ritirata nella neve», racconta al Giornale da Genova Maria Caterina Pastorino, orfana di guerra. Giovanna, per gli amici, in ricordo del padre alpino disperso in Russia. Settantasette anni dopo è riemersa dal passato la sua piastrina. «Dovrebbe arrivare a giorni dalla Russia. Non può immaginare la commozione. Non è solo un pezzo di metallo, ma l'ultimo ricordo di mio padre, che non ho conosciuto. È come colmare un buco nero della mia esistenza», spiega Giovanna, che non ha mai avuto il coraggio di leggere le lettere, oramai sbiadite, spedite dalla prima linea del Don.
La storia della piastrina identificativa tornata alla luce è solo la punta di un iceberg. «Abbiamo una lista di 52 piastrine di militari italiani dispersi ritrovate in Russia. Un collezionista è disponibile a consegnarle, senza chiedere un soldo, a patto che rintracciamo i familiari. Stanno arrivando le prime 5 di una lista di 14 per parenti a Milano, Genova e nella nostra provincia», rivela Gianbeppe Noero del centro studi dell'Associazione nazionale alpini di Cuneo.
A parte questo canale il ritrovamento delle piastrine dei soldati dispersi in Russia è spesso un business, che lucra sulla memoria dei caduti. L'8 settembre è comparso sul sito russo del mercato di cimeli storici Stalingrad front l'offerta di 11 piastrine di soldati italiani «trovate vicino a Voronezh nella località di Rossosh. Sul campo di battaglia dell'8° e 9° Reggimento Alpini». Il prezzo complessivo era di mille dollari.
Paolo Garlant, appassionato «cacciatore» di cimeli, ha protestato segnalando il mercimonio al Giornale e presentato una denuncia ai carabinieri di Gemona del Friuli. «La memoria dei caduti, noi italiani non possiamo e non dobbiamo dimenticarla, ma la vendita in questa maniera delle piastrine è amorale», sottolinea Garlant. Il sito russo ha tolto l'offerta, ma il venditore, che armato di metal detector avrà scovato le piastrine sui campi di battaglia o vicino ai lager di prigionia, non molla. Il Giornale lo ha contattato via mail e il russo ha risposto: «Ciao! Forse sono rimaste 7 o 8 piastrine. Per le altre i parenti vogliono riscattarle. Se sei interessato a una quantità minore, fammelo sapere». E poi specifica che «il costo di ogni piastrina è di 100 dollari».
Dalle foto apparse in rete abbiamo ricostruito l'identità di 9 dispersi italiani. Dei due friulani, Enrico Giavon, è deceduto nel 1943 nel Campo 56 di Uciostoje a soli 21 anni. Un lager lungo il tragitto delle marce del davai, che in russo vuol dire «dai», veri e propri percorsi della morte. «Prima li trascinavano a piedi nella neve per centinaia di chilometri. E poi li chiudevano in carri bestiame piombati senza cibo e acqua per giorni. Così morivano i prigionieri italiani dei sovietici, di stenti o di assideramento», racconta Guido Aviani Fulvio, direttore del Museo della Campagna di Russia in Friuli-venezia Giulia.
L'alpino del 9° reggimento è nato a Codroipo e il gruppo delle penne nere del posto conserva le foto di quelli che non sono tornati compreso Giavon. «Mio nonno si è fatto a piedi la ritirata di Russia e sono stato arruolato nell'8° Alpini. Ci stanno molto a cuore i ritrovamenti delle piastrine, l'ultimo ricordo tangibile di un caduto» dichiara al Giornale il sindaco della cittadina, Fabio Marchetti. Il disperso aveva un parente, che non c'è più, a Pavia di Udine non molto lontano. Il primo cittadino, Giuseppe Govetto, si è impegnato a trovare i familiari ancora in vita. Una delle piastrine in vendita apparteneva a Fernando Petitta, caporale del 9° alpini nato a Scurcola Marsicana in provincia dell'Aquila. La penna nera di soli 21 anni è caduta a fine dicembre 1942 nella furiosa «battaglia di Natale» a Selevnj Jar, un incrocio strategico, che apriva la strada all'Armata Rossa verso il Don. Dei 1.754 alpini del battaglione L'Aquila rientrarono solo in 162.
Nel 1992 i resti di Petitta sono stati ritrovati e l'anno dopo l'alpino è tornato finalmente a casa. «L'emozione di vedere la foto in rete della piastrina è stata fortissima. Vorrei comprarla per metterla al suo fianco» spiega Giovani di Cosimo, parente ed ex alpino della Julia. Le piastrine dei dispersi appartenevano anche a fanti come Filippo Piacentini, classe 1914, di Ostellato in provincia di Ferrara. E Giovanni Faccini di Lerici, del quartier generale del Corpo d'Armata in Russia. Oppure Rosario Micalizzi, siciliano caduto a 23 anni con il 5° battaglione mortai.
«Stiamo cercando i familiari di due dispersi genovesi, Carlo Iannuzzi e Giuseppe Grosso, per consegnare le loro piastrine trovate dal collezionista russo che non vuole soldi», rivela Valter Lazzari, vicepresidente della sezione Ana del capoluogo ligure. Una terza piastrina di Carmelo Timossi del 1° Reggimento Alpini è già partita dalla Russia e verrà consegnata alla nipote che vive in provincia di Genova. «L'ultima lettera l'aveva scritta da un ospedale da campo, dopo essere stato ferito - spiega la nipote Elisabetta Timossi - Negli anni Settanta mio padre Armando assoldò un investigatore privato per trovare delle tracce, ma fu inutile. È una grandissima emozione ricevere la sua piastrina».
Anche l'ultimo ricordo di Giovanni Pastorino sta arrivando grazie a Edoardo Chiappafreddo, che ha dedicato la sua vita a non dimenticare i 95mila alpini caduti nella campagna di Russia o morti in prigionia.
«L'ha comprata, ma doveva rintracciare i parenti - racconta Enrico Panero, ex alpino, avvocato a Roma - Grazie ai social in 42 ore abbiamo trovato la figlia». Maria Caterina, che non ha mai conosciuto il padre: «È un'emozione indescrivibile. La piastrina era l'ultima cosa che aveva addosso. Per me non ha prezzo».
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