Cade il segreto sui verbali, segreti, del Comitato tecnico scientifico che si è occupato dell'emergenza Covid 19. Lo stabilisce una sentenza del Tar del Lazio pronunciata lo scorso 13 luglio e pubblicata ieri. I giudici amministrativi della Prima sezione quater - presidente Mariangela Caminiti, consiglieri Lucia Gizzi e Ines Simona Immacolata Pisano, consigliere estensore - hanno accolto il ricorso di tre avvocati, Rocco Mauro Todero, Vincenzo Palumbo e Andrea Pruiti Ciarello, consigliere di amministrazione della Fondazione Einaudi, che avevano chiesto l'accesso civico ai verbali del Comitato tecnico scientifico anti-Covid: gli atti, in pratica, sulla base dei quali il governo ha deciso le limitazioni da imporre agli italiani per contenere il contagio e ridurre l'emergenza. Per il Tar, il diniego di accesso civico agli atti è stato un errore, perché i verbali richiesti del Cts erano prodromici all'emanazione dei Dpcm e non erano qualificabili come «atti amministrativi generali», come invece sostenuto nella memoria difensiva da Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della Protezione civile. Di qui l'ordine di far vedere e fare copia degli atti, entro 30 giorni.
Si chiude così una polemica che nel maggio scorso era stata sollevata anche a livello politico. In particolare, a contestare la «secretazione» degli atti del Comitato tecnico scientifico era stato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri (M5s), che aveva espressamente accusato il Cts di avere tenuto top secret i dati a sua disposizione. Lo stesso premier Giuseppe Conte era intervenuto a smorzare la questione, affermando che gli atti non erano secretati.
Ora sono i giudici a sbloccare la situazione. Fatti salvi ulteriori ricorsi a gradi superiori di giudizio, la sentenza impone che i verbali richiesti dai ricorrenti siano consegnati entro 30 giorni. E dunque diventino pubblici. A meno che l'amministrazione, che finora ha motivato il no all'accesso solo con ragioni formali, non opponga «ragioni sostanziali attinenti ad esigenze oggettive di segretezza o comunque di riservatezza degli stessi al fine di tutelare differenti e prevalenti interessi pubblici e privati».
Nella sentenza il Tar spiega che «la ratio dell'intera disciplina normativa dell'accesso impone di ritenere che se l'ordinamento giuridico riconosce, ormai, la più ampia trasparenza alla conoscibilità anche di tutti gli atti presupposti all'adozione di provvedimenti individuali o atti caratterizzati da un ben minore impatto sociale, a maggior ragione deve essere consentito l'accesso ad atti, come i verbali in esame, che indicando i presupposti fattuali per l'adozione dei descritti Dpcm si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività».
Di qui l'accoglimento del ricorso, imponendo alla presidenza del Consiglio-Dipartimento della Protezione civile «di consentire alla parte ricorrente di prendere visione ed estrarre copia della documentazione richiesta».
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