Le Camere votano: Consulta al completo

Dopo 13 fumate nere l'accordo tra i partiti sui quattro giudici della Corte Costituzionale

Le Camere votano: Consulta al completo
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Due figli d'arte, il principe dei costituzionalisti e il padre della riforma forense. È una splendida pagina per il Paese quella che si è scritta ieri con la nomina in Parlamento dei quattro giudici della Corte costituzionale Maria Alessandra Sandulli (la nona donna alla Consulta, la seconda di nomina parlamentare), Francesco Saverio Marini, Massimo Luciani e Roberto Cassinelli al 14mo scrutinio (e un quorum a 363 voti) grazie all'alleanza bipartisan ben orchestrata dalla silenziosa moral suasion capo dello Stato. Il profilo dei nuovi componenti non è inferiore a quello dei giudici che vanno a sostituire (Silvana Sciarra, Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti) anzi. Il fatto di essere uniti da una comune matrice culturale (per dire una, Luciani è stato allievo di Sandulli padre assieme a Beniamino Caravita) aiuterà certamente la Corte a recuperare il clima di «costante codecisione», per dirla con le parole dell'ex presidente Barbera, a dimostrazione che, quando è necessario, le forze politiche sono in grado di superare le frizioni per selezionare i migliori garanti possibili della nostra Carta, tanto che mentre il Quirinale fa trapelare la sua soddisfazione il presidente del Senato Ignazio La Russa parla sui social di «segnale significativo per il dialogo istituzionale e per la difesa della nostra Costituzione». Dei quattro il più votato è stato Luciani con 503 voti, il meno votato Marini con 500. Qualche voto è arrivato anche agli azzurri Francesco Paolo Sisto e Pierantonio Zanettin, per molti giorni pienamente in corsa.

Il via libera al pacchetto di mischia era arrivato l'altra sera dopo il vertice del centrodestra. L'ultima carta coperta era quella di Forza Italia, con il ballottaggio tra Gennaro Terracciano e Roberto Cassinelli che ha visto quest'ultimo prevalere. Per il resto lo schema era chiaro, con il rebus della «quota rosa» che si rimpallavano i partiti. Decisiva è stata la convergenza su Maria Alessandra Sandulli, tecnico bipartisan di grandissimo spessore. Nel novembre 2014 era stato Matteo Renzi a proporre in ticket agli azzurri la stessa Sandulli proprio con la Sciarra, ma l'intesa era saltata. Chi mastica un po' amaro è Giuseppe Conte: Luciani non è vicino alle posizioni M5s come sarebbe potuto essere il consigliere giuridico di Elly Schlein Andrea Pertici, troppo spostato su posizioni filo ddl Zan e anti Autonomia da convincere tutto il Pd.

Naturale il plauso bipartisan, ora per la Consulta a ranghi completi si annuncia un percorso a ostacoli: se lo scoglio dell'ammissibilità del referendum sull'Autonomia è stato superato, con il quesito inammissibile perché scritto male, c'è da ragionare sull'attuazione della nuova versione della legge Calderoli, nel tentativo anche di ricucire il rapporto con il Parlamento che in passato si è sentito bacchettare dalla Consulta nel chiedere di legiferare su temi divisivi come procreazione artificiale, gender, coppie gay e fine vita, vedi l'accelerazione della Regione Toscana sul suicidio medicalmente assistito con una legge regionale che rischia di finire impugnata proprio davanti alla Consulta. L'esperienza dei nuovi giudici, con le competenze su diritto amministrativo, Regioni e referendum sarà decisiva: chi spera in una Consulta «divisiva» resterà deluso.

Mentre il Parlamento è in attesa di due snodi cruciali, la pronuncia della Corte di giustizia Ue sui «Paesi sicuri» che blocca il protocollo con l'Albania e la nuova direttiva Ue sui rimpatri, mentre il 5 marzo è previsto il primo incontro tra l'esecutivo e l'Anm per discutere di riforma della giustizia, Csm e separazione delle carriere.

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