Test pungidito contro l'epatite C

La campagna di prevenzione

Test pungidito contro l'epatite C
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C'era una volta l'epatite C. Provocata dal virus HCV, scoperto nel 1989, conquistò la ribalta ai primi anni '90 dopo lo scandalo delle sacche da trasfusione infette. La malattia si trasmette solo con il sangue contaminato e può danneggiare il fegato fino a richiedere un trapianto. E oggi? Grazie alla conoscenza, al controllo sui donatori di sangue, all'obbligo di sterilizzare gli strumenti per dentisti, estetisti, barbieri e tatuatori, i nuovi casi di epatite C nel 2023 si sono ridotti a 51, 4 in meno rispetto all'anno prima, nessun morto (fonte: Seiva). Più del 40% si è contagiato dopo trattamenti estetici (manicure/pedicure, piercing e tatuaggi), il 29,4% per infezione ospedaliera (che negli anni precedenti rappresentava la prima fonte di rischio); il 27,1% dopo uso di droghe e il 23,9% dopo cure odontoiatriche. Ieri le associazioni di pazienti, insieme con l'azienda Gilead, leader nella produzione di farmaci innovativi e Regione Lombardia, hanno promosso la campagna «Mettiamoci un punto» con il duplice intento di promuovere la conoscenza dell'infezione, «portando alla luce il sommerso, ossia le persone positive al virus che, al momento, non hanno ancora sintomi e chiedendo alle istituzioni di estendere lo screening gratuito al di fuori delle categorie a rischio» ha spiegato Stefano Fagiuoli direttore Gastroenterologia e Epatologia Asst Papa Giovanni XXIII. L'epatite C si cura con farmaci. Nel 70% dei casi la positività al virus sfocia in malattia. Un'indagine commissionata ad AstraRicerche ha svelato che c'è molta ignoranza: 7 italiani su 10 ne hanno sentito parlare ma solo il 20% conosce come si trasmette.

Il test gratuito pungidito è offerto al momento solo alle categorie a rischio, carcerati, tossicodipendenti e nati tra il 1969 e il 1989. La campagna informativa si avvarrà di uno spot radiofonico e di un tram che circolerà per Milano invitando a sottoporsi al test.

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