Dopo lo sciame sismico del 26 e 27 settembre, un'altra serie di scosse ha investito i Campi Flegrei. Si tratta di terremoti molto lievi ma nella gente che vive in quell'area la paura resta molto alta con il ministro per la Protezione civile nello Musumeci che sta lavorando a una legge ad hoc. Si lavora su due fronti: quello della ricerca, che con l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che continua a raccogliere dati che permettano di capire quanto sia attivo il sottosuolo e quale sia il comportamento del vulcano, e quello della gestione di un'area così complessa, con la necessità di predisporre un provvedimento di legge, con procedure semplificate, in caso di emergenza. «Sottoporrò il provvedimento al Cdm entro alcune settimane», ha garantito Musumeci al termine di un incontro dedicato a «una prima analisi delle misure urgenti di prevenzione da adottare».
Il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Carlo Doglioni, nell'audizione davanti alla Commissione Ambiente della Camera, ha detto che al momento non esiste uno scenario chiaro su quanto potrebbe accadere. «Lo scenario meno critico è una situazione analoga alla crisi del 1982-84, una crisi bradisismica che è durata 2 anni poi si è fermata - ha spiegato - Quello più critico è un'eruzione come quella del Monte Nuovo del 1538». Se il suolo dovesse continuare a sollevarsi, come sta facendo dal 2005 e con l'accelerazione delle ultime settimane non è possibile escludere nuovi terremoti, e quindi «si potrebbe arrivare a un evento di magnitudo 5», ha osservato Doglioni.
La situazione relativa ai Campi Flegrei continua a essere controllata 24 ore su 24 dalla rete di strumenti dell'Ingv: l'istituto «è in prima linea», ha confermato il presidente e «sta facendo il possibile per monitorare quanto sta accadendo, c'è la massima attenzione». Quel che è certo, e che è la maggior forte di preoccupazione, è che come spiega Doglioni «è impossibile pensare che i Campi Flegrei si spengano perché sono un vulcano attivo». Alla luce di questo, è necessario prepararsi ad affrontare un'eventuale emergenza con al primo posto il tema di una eventuale evacuazione della zona, densamente abitata e con notevoli problemi logistici. A tal proposito, il ministro Musumeci ha deciso un piano straordinario di analisi della vulnerabilità delle zone edificate, sia per il pubblico che per il privato, e un piano di comunicazione alla popolazione e di esercitazioni di protezione civile, con il coinvolgimento di volontari. «Il tema dei temi è la criticità della viabilità e delle vie di fuga», conferma il prefetto Mario Morcone, assessore regionale alla Sicurezza e alla Protezione civile. «La zona è densamente popolata e le infrastrutture sono insufficienti a garantire un'assoluta semplicità per andar via nel momento in cui si dovesse avvertire una situazione di difficoltà», ha aggiunto.
L'economista Antonio Coviello, dell'Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo del CNR,
spiega che un'evacuazione improvvisa di «600mila o 700mila persone è impensabile e costosissima. Comporterebbe infatti una spesa stimata in oltre 30 miliardi di euro annui, con un danno economico sul Pil di almeno l'1%».
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