«Un risultato indiscutibile, come campo largo, lo abbiamo ottenuto: abbiamo messo Vito Bardi (il candidato governatore di centrodestra, ndr) in una botte di ferro». Dopo settimane di spettacoli circensi sulla scelta del nome per la Basilicata, l'amara constatazione di un dirigente Pd ne tira le somme.
Il nome che mette d'accordo dem e 5Stelle è stato trovato: l'oculista Domenico Lacerenza, pugliese che da tempo lavora in Basilicata, descritto come un ottimo professionista ma ignoto ai più. Lo ha scelto Angelo Chiorazzo, il super-manager super-cattolico della sanità che era candidato dal Pd, sponsor l'ex ministro Roberto Speranza, ma sul quale si è abbattuto il veto di Giuseppe Conte. Veto ritirato, dopo una moria di altri candidati, sullo sconosciuto oculista chiorazziano. Ma un patto: la coalizione la decide Conte. Che ha spostato il suo «niet» dal nome agli alleati: fuori Calenda e Renzi, non ci si parla: «Non voglio lavorare con leader che dichiarano che il loro obiettivo non è una competizione sana ma distruggere il M5s - inveisce durante un dibattito con Prodi- Se ci cannoneggiano noi il progetto non è credibile». Insomma: fuori dall'alleanza chi osi criticarlo. «Se volete perdere continuate così», replica sconsolato Prodi.
In Basilicata, Azione vuol dire Marcello Pittella, ex governatore (fatto fuori tramite inchieste giudiziarie, con tanto di galera, poi finite in nulla) che ancora conta su un nutrito bacino elettorale: «Almeno il 5%», dicono nel Pd lucano, «senza non abbiamo alcuna chance». Ma a Conte l'argomento interessa poco: «Tanto per lui se si perde è meglio, serve a dimostrare che l'alleanza funziona solo quando il candidato è suo», lamentano dal Pd. Ma il Nazareno, in piena sindrome di Stoccolma, ha subito acconsentito ai diktat dell'alleato.
Nel Pd è caos: le decisioni di Roma vengono giudicate dai più «suicide». Persino Speranza è su tutte le furie perché «Chiorazzo neppure mi ha informato prima di proporre il suo nome», e l'ala riformista manda avvertimenti alla segretaria: «Se vogliamo costruire un'alternativa non ci possono essere veti verso i moderati», dice Alessandro Alfieri. «Tenere fuori Azione e Italia viva è un grave errore politico, oltre che masochismo elettorale», insorge il senatore lucano Salvatore Margiotta. Calenda accusa: «Conte ha messo un veto su di noi e Elly ha accettato. Il leader dei progressisti è lui, noi decideremo che fare». I lucani danno per scontato che andrà con Bardi. Intanto ieri le prime dichiarazioni a ruota libera di Lacerenza hanno creato il panico in casa Pd, per l'inedito candore: «Mai fatto politica, neanche per hobby. Mi hanno voluto altri. Non ho sentito né Schlein né Conte: mi è arrivata una telefonata ieri sera e sono stato catapultato. Mi servono 24 ore per orientarmi».
Non gliele hanno concesse: mentre in Basilicata si diffondeva il tam-tam: «Ora si ritira, non può essere lui», il Pd si è precipitata a commissariare il neofita, impedendogli ulteriori contatti con i media e emettendo in sua vece una dichiarazione forlaniana: «Con Schlein e Conte abbiamo convenuto sul programma».
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