Cannabis terapeutica: un miraggio per i malati. C'è la legge, ma in molte Regioni non si trova

Può essere prescritta per il dolore cronico, ma l'accesso alle cure è un Far West

Cannabis terapeutica: un miraggio per i malati. C'è la legge, ma in molte Regioni non si trova

Non meno di 50mila pazienti in Italia affrontano quotidianamente le difficoltà legate all'approvvigionamento della cannabis terapeutica per il trattamento del dolore cronico.

Lungo la Penisola, infatti, ci sono solo sei distributori e soltanto una sessantina di farmacie che si dedicano attivamente alla preparazione dell'estratto dalle inflorescenze.

Se il principio del diritto di cura a solo scopo terapeutico è stato sancito qualche anno fa, il modello distributivo resta carente. Ci si affida alle competenze del farmacista, sempre che se ne trovi uno. E questo è il primo problema perché ci sono ampie aree del Paese in cui è impossibile avere accesso al farmaco.

Le associazioni dei pazienti, così come gli operatori sanitari, avanzano da tempo tre richieste: rendere l'accesso alle cure uguali per tutti i cittadini italiani, trasformare un prodotto artigianale in un prodotto industriale più sicuro e preciso nella somministrazione e nell'adeguamento delle terapie e fare in modo che il Ministero della Salute, tramite la commissione Salute della Conferenza delle Regioni, uniformi l'accesso alla terapia a livello nazionale rendendo rimborsabili le preparazioni allestite a partire dall'estratto di cannabis.

Le differenze tra regioni sono enormi, si va da territori dove le cure a base di cannabis non sono rimborsabili ad altre dove lo sono ma esclusivamente per le preparazioni delle farmacie ospedaliere ad altre ancora dove sono rimborsabili anche quelle lavorate dalle farmacie territoriali autorizzate.

La cannabis terapeutica può essere prescritta per patologie con spasticità associata al dolore, come sclerosi multipla, glaucoma resistente alle terapie convenzionali, la sindrome di Tourette. Può servire anche come analgesico «nel dolore cronico», ma anche come antidoto agli effetti di chemioterapia, radioterapia e terapie contro l'HIV.

Nel 2021 il fabbisogno di cannabis terapeutica a livello nazionale è stato di 1.400 chili a fronte della produzione di 300 chili dell'istituto farmaceutico militare di Firenze. Troppo poco.

Per questo da tempo Ministero della Salute e Aifa hanno autorizzato la prima azienda farmaceutica, Farmalabor, all'importazione, ripartizione e confezionamento del principio attivo stupefacente denominato «Estratto di cannabis 15% Thc».

Si tratta di una soluzione che consentirebbe di uscire dall'attuale far west e dal problema dell'approvvigionamento a macchia di leopardo, con un prodotto sempre reperibile, in grado di assicurare il passaggio da una fase artigianale a una fase industriale. Questo estratto, infatti, è un prodotto standardizzato, pronto all'uso, utilizzabile per l'allestimento di preparazioni da realizzare attraverso una semplice diluizione.

La soluzione,

insomma, c'è già e il paradosso è che le istituzioni l'hanno adottata al 99%, ma ora manca l'ultimo miglio, in attesa del quale i pazienti patiscono inutilmente una situazione evitabile. La Conferenza Stato-Regioni che fa?

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