Il Sudan si trova nella condizioni di chi passa dalla padella alla brace, sullo sfondo di una crisi umanitaria imminente. Il golpe militare che lo scorso 11 aprile aveva portato alla caduta del sanguinario dittatore Omar Al Bashir era stato accolto dalla popolazione con scene di tripudio nelle principali piazze del Paese. Pochi giorni dopo però le stesse persone sono tornate in strada per chiedere ai militari di fissare una data per le elezioni, ma i soldati agli ordini del tenente Abdel Fattah Al Burhan hanno reagito sparando sulla folla. Da aprile sono soltanto cambiati i protagonisti, che però continuano a interpretare il ruolo dei carnefici.
Il dato aggiornato a ieri parla di 107 morti (40 dei quali ripescati nel fiume Nilo), più di 700 feriti e di almeno 200 persone arrestate negli incidenti che stanno scoppiando quotidianamente. Secondo testimoni oculari, sarebbero stati la polizia e i paramilitari delle forze di supporto rapido ad aprire il fuoco contro i manifestanti che chiedono il passaggio dei poteri dalla giunta militare a un governo a guida civile. Il consiglio militare di transizione non è altro che il volto politico di tutti quei poteri legati alle forze armate e agli apparati di intelligence sudanese che erano in combutta con Al Bashir. Per gli analisti si tratterebbe della spina dorsale del suo stesso potere. I rivoluzionari, con un atto di forza propagandistico, l'avrebbero destituito al culmine di un regolamento di conti. Il tenente Al Burhan e i suoi uomini si sono posti come autorità ad interim per garantire la stabilità nel Paese, mai raggiunta nonostante il consiglio militare di transizione abbia annunciato la convocazione di elezioni entro la prossima primavera. Martedì il Consiglio di Sicurezza Onu si è riunito su richiesta di Germania e Gran Bretagna per valutare la questione, ma Cina e Russia hanno bloccato l'approvazione di una risoluzione per fermare le violenze.
La crisi sta generando la fuga di migliaia di persone e potrebbe portare a un maggior potere delle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei migranti. Una situazione che l'Unione Europea guarda con preoccupazione, soprattutto da quando l'Egitto ha manifestato l'intenzione di chiudere le frontiere, costringendo i disperati a sfondare a ovest, verso la Libia.
Il Sudan è uno dei principali punti di snodo per il traffico di esseri umani dal Corno d'Africa. Khartoum è il centro focale e una più violenta e più estesa destabilizzazione provocherebbe la nascita di un nuovo corridoio verso il Mediterraneo.
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