Carceri, libertà più veloce per i detenuti meritevoli

Passa in Cdm il nuovo decreto. Nordio: "Non è uno svuotacarceri". Assunzione di nuovo personale e albo delle comunità di accoglienza

Carceri, libertà più veloce per i detenuti meritevoli
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Da giorni lo staff del ministro Carlo Nordio chiedeva ai giornalisti: «Non chiamatelo svuotacarceri». La preoccupazione del Guardasigilli era chiara: non mandare il messaggio che alla drammatica emergenza del sovraffollamento delle carceri italiane e alla piaga dei suicidi dei detenuti il governo rispondesse con una misura accusabile di eccessivo buonismo. E ieri insieme al decreto emanato dal Consiglio dei ministri arriva la conferma: «Quando una pena viene decisa dal giudice poi non ci può essere una marcia indietro dello Stato, non ci può essere un segnale di sciatteria», dice Nordio. «Sappiamo anche che eventuali indulgenze gratuite sono foriere, non solo, di diminuzione dell'autorevolezza dello Stato ma anche di aumenti di recidive».

La linea principale del governo resta quella solita: più carceri, più agenti, meglio preparati. All'esigenza di rispondere in tempi brevi all'emergenza, il governo risponde con il decreto di ieri: che non allarga le maglie dei benefici penitenziari, ma rende più semplici le procedure per accedervi. A uscire saranno i detenuti che già con le norme attuali ne avevano diritto, ma che se lo vedevano di fatto negato dai tempi della burocrazia. E questo avrà effetti positivi (anche se per ora difficili da quantificare) sull'affollamento. Affollamento che, sottolinea ieri Nordio, non «è dovuto da una decisione governativa»: «Se un detenuto è in carcere è perché ce l'ha mandato un magistrato dopo un processo equo».

Il decreto interviene anche su altri fronti minori del pianeta Giustizia, come quando ripristina dopo anni di caos quattro tribunali in provincia dell'Aquila soppressi nel 2012, tenuti in vita dopo il terremoto e oggi definitivamente risorti, o quando toglie ai detenuti al 41bis la possibilità di accedere alla cosiddetta «giustizia riparativa». Ma il cuore del decreto sono le carceri con la risposta sui due fronti: l'assunzione di nuovo personale sia tra dirigenti che tra agenti, e con nuovi corsi di formazione in particolare per chi ha a che fare con i minorenni; e con l'accelerazione dei percorsi di uscita per i detenuti a bassa pericolosità e con pene modeste da espiare.

Il decreto interviene sullo strumento della liberazione anticipata, che oggi garantisce uno sconto di pena di 45 giorni per ogni sei mesi di buona condotta. Le opposizioni di sinistra avevano chiesto misure eccezionali, che portavano a 75 giorni lo sconto (a conti fatti, la pena effettiva da scontare veniva quasi dimezzata). Il decreto Nordio mantiene invariato a 45 giorni lo sconto ma prevede che venga calcolato dalla Procura già al momento dell'ingresso in carcere dopo la condanna definitiva, salvo venire revocato in caso di violazioni disciplinari, e applicato dal giudice con una semplice firma. «È un patto col detenuto che viene messo subito al corrente di quelli che sono i suoi diritti se si comporta bene in carcere», dice Nordio. In questo modo viene di fatto alzata a cinque anni la soglia di pena sotto la quale i condannati potranno non entrare neanche in carcere chiedendo direttamente l'affidamento ai servizi sociali.

Il secondo strumento individuato dal governo per ridurre il sovraffollamento punta ad agevolare la concessione della detenzione domiciliare a quei detenuti che ne avrebbero il diritto ma che restano in cella perché non hanno una casa dove andare: in buona parte stranieri, in parte ancora maggiore tossicodipendenti. Per questi viene creato un albo nazionale delle comunità di accoglienza in grado di accoglierli: «Non saranno liberati, resteranno detenuti - spiega il ministro - ma in strutture in grado di accompagnarli verso la rieducazione e il reinserimento». E qui la partita vera sarà vedere quante e quali comunità riusciranno a offrire le sufficienti garanzie sia di sicurezza che di riabilitazione.

«Il carcere è brutalità», dice Nordio. Ma lo strumento per renderlo meno brutale non può essere farne uscire chi deve stare recluso: «Gli anni passati ci hanno mostrato che quando sono state adottate amnestie e indulti entro poco tempo il fenomeno si è riproposto addirittura in termini più gravi».

Commenta Andrea Ostellari, sottosegretario leghista alla Giustizia:

«Promessa mantenuta, nessuno svuotacarceri, le persone per bene meritano sicurezza». Ma ai sindacati non va bene: la Uil accusa il governo di volere, con l'albo delle comunità, voler «privatizzare l'esecuzione delle pene».

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